PINOCCHIO

“Sono timido ma l’amore mi dà coraggio” (Serenata rap di Jovanotti) L’amore per la missione, l’amore per lo SPETTACOLO. Ieri sera ho visto la produzione del Teatro Stabile di Catania. Penso a ciò che si ripete nel tentativo di ufficializzare addobbare come un albero di Natale.
Ringrazio l’Assessore Barbara Mirabella che mi ha anticipato il tutto un paio di settimane fa con sapiente sapienza. Mi piacerebbe aprire un dibattito e ascoltare il pubblico. Le voglie i dolori i sapori.
Abbraccio la memoria, la poesia e le intemperanze di Franco Scaldati da cui arriva l’idea. Abbraccio la caparbietà di Livia Gionfrida che ha trascinato la sua fantasia sul palcoscenico del cortile Platamone e l’ha offerta al pubblico. La stessa location un tempo spoglia in cui io mi affacciavo da ragazzo e vedevo oltre la porta del Teatro Club solo i camion della nettezza urbana e i bambini delle elementari che giocavano nei cortili terrazze. Per questo abbraccio mio padre Nando, per la lungimiranza. Inspiegabile. Abbraccio il pubblico che è l’onesto retrogusto del piatto servito. Abbraccio la voglia di fare e il guazzabuglio interiore di ogni partecipe partecipante di diverso sentire, la costumista nell’essere la stessa drammaturga nell’essere un tutt’uno. Quel tutt’uno che ha bisogno di esserlo perché troppa roba porta in grembo. Abbraccio gli attori nel loro donarsi al pasto dell’affabulazione cosa assai difficile. Perché anche agli occhi di un bambino ognuno sul palco mostra le sue paure e non c’è peggiore rischio per un’interprete mostrare il dubbio. Abbraccio le musiche e le luci sapienti strumenti d’attenzione e bellezza. Abbraccio con l’infinito amore di chi ama la scena, il gesto illuminante del Pescecane. In tutto questo amorevole magnificare mi pongo la stessa domanda di sempre: il sano utilizzo della messinscena. Non si può definire questo perché è retorica retoricante. È una analisi vertiginosa in quanto ognuno porta a casa lo specchio di sé, li in quel momento, con tutte le occasioni mancate di incoraggio ancoraggio spettacolare. Stamattina abbraccio la pratica dell’elaborazione della nuova scena verso un prodotto perfetto. Il desiderio è la mia determinazione che è la gratitudine. E mi associo alla regista che dice che uno spettacolo va allestito in mesi e che non bastano 18 giorni di prove. Quante sensazioni che sguardo all’infinito! Ognuno vive e compie la sua fortuna. Ognuno si abbraccia o si strugge per le occasioni centrate o mancate. Le abbraccio tutte le ipotesi perché nel fluire appagato ogni sentire ottovolantesco trova la sua risposta, basta cercarla. Incoraggiamo, uniamoci alla verità che nell’arte è l’acqua potabile. In questo mi riferisco al direttore Laura Sicignano che abbraccio sorridente e amorevolmente per l’inafferrabile leggerezza di una Fatina desiderosa di essere Mangiafuoco.
Della Dr Sicignano ieri ho capito finalmente il ruolo. In questi due giorni di seminario su Franco Scaldati mi è parso di ascoltare l’opportunità che ho negato a me stesso come tanti, del suo essere genovese in patria Etna. Il ruolo nascosto, quell’origine lontana in quel rispondere al “per cui” funzione di direttore del Teatro di Giusti e Musumeci, quello che a seguire è stato il teatro dell’ingordigia e dell’approprio e dello svaccamento, del “lei non sa chi sono io”. Con piacere, forse inaspettato, ieri si è presentata tutta l’eleganza del Direttore Artistico con tutto il suo smarrimento nel deserto delle urla del mercato, delle zaudargini incrociate, dei benemeriti esaltati. La dr Sicignano ha mostrato a me in questi giorni la sana resistenza, quella riconoscibile in una dieta dimagrante di cui sono esperto e che disciplino solo quando mi amo. Si diventa più belli e sani e da lì si riparte
Si replica fino al 18 luglio a Catania

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