Sono a Milano da due giorni in occasione del Fringe Milano Off. Sono qui con un duplice ruolo: da artista e da spettatore. E, ancora di più, sono qui come innamorato di questa scienza e di questa arte che chiamiamo teatro, capace di portare le persone in sala e di offrir loro momenti preziosi di svago, di cultura, di riflessione e di puro divertimento.
Il festival ha preso ufficialmente il via con un programma ricchissimo che conta numerosi spettacoli distribuiti in ben 19 location diverse. Una geografia teatrale viva, che trasforma la città in un mosaico di palcoscenici e di esperienze. Io ho scelto come prima tappa La Casa del Meneghino, un luogo che sembra custodire un frammento di campagna incastonato nel cuore di un contesto urbano, in una via che già nel nome promette leggerezza e sorpresa: via Cuccagna.
Il primo spettacolo a cui ho assistito si intitola STRIA. Una drammaturgia contemporanea intensa e coraggiosa, interpretata con grande sensibilità da Claudia Donadoni. Al centro, un racconto che profuma di terra e si tinge di sangue, evocando radici profonde e ferite collettive. Lo spettacolo si dipana tra suggestioni sonore e una recitazione che potrei definire “boschiva”, perché ci trasporta in un paesaggio dove i confini sembrano sospesi e l’attenzione dello spettatore viene catturata come in un sentiero fitto di segreti.
Il dialogo con la nonna, il pane avvelenato, il crepitio del rogo: immagini potenti che Claudia Donadoni restituisce con forza, offrendo al pubblico un’esperienza intima, quasi viscerale. Lo spazio minuscolo diventa un valore aggiunto: lì, a un passo dalle sedie della platea, con gli occhi del pubblico che seguono ogni gesto e ogni respiro, la performance si trasforma in un incontro diretto, carnale, capace di toccare corde profonde. Una prova da vera equilibrista della scena, che sa navigare in storie complesse con naturalezza e fermezza.
A seguire, un cambio di atmosfera con la compagnia del Grand Guignol de Milan, che ha portato in scena “I racconti del boudoir”, uno spettacolo vivace e travolgente. Una proposta che si inserisce in una struttura giovane, fresca, che merita pienamente il successo che sta riscuotendo. Il lavoro è un viaggio dinamico e divertente nell’antica Milano a luci rosse, dove la seduzione convive con il pericolo e la risata si intreccia al brivido. Gli interpreti – Gianfilippo, Michelangiola, Giulia e Lorenzo – hanno saputo coinvolgere il pubblico con entusiasmo ed energia, rivelandosi naturali, effervescenti, diretti e autentici.
Anche in questo caso, l’esperienza si è giocata in una dimensione di stretta prossimità con il pubblico, in un continuo dialogo tra prosa e ascolto, tra scena e platea.
Uscendo, rimane forte la sensazione che sia proprio questo il valore aggiunto del teatro contemporaneo: la possibilità di un contatto ravvicinato, quasi fisico, con lo spettatore. Una forma di partecipazione diretta e viva che meriterebbe di essere praticata più spesso, perché racchiude l’essenza più autentica e necessaria del fare teatro oggi.


