Proprio

Achille Lauro dice in coda al filmato “La musica non sono le canzoni, la musica è proprio l’anima

La musica non è solo canzone. La canzone è un frammento, una forma, una struttura che veste la musica per un po’, come un abito che può essere elegante, sgualcito, sobrio o sgargiante. Ma la musica è oltre, è la trama invisibile che vibra nelle cose: è ritmo, battito, respiro. È l’anima che si fa suono, che prende forma nel tempo e nello spazio.

E allora sì: la musica è anima perché è il linguaggio primordiale, quello che ci precede e ci sopravvive. Prima della parola c’era il battito del cuore, il respiro della madre, il canto del vento. Dopo ogni parola resta il suono che lascia nell’aria.

Ecco perché la musica è anima: perché è l’arte più vicina al mistero di esistere. Non descrive, non dimostra, non spiega. Vive, attraversa, tocca.

Puttanate

È possibile cambiare significato alle parole?
Forse sì, anzi: forse è proprio il destino delle parole quello di camminare su una corda sospesa tra ciò che erano e ciò che diventano. Trasformare il luogo comune del luogo comune, rovesciare il cliché su se stesso: il gesto è simile a far saltare un cappello in aria e scoprire che, ricadendo, diventa un tamburo.

Un vocabolo che ieri significava una cosa, oggi può giocare a nascondino e mostrarci un altro volto. È il bello della lingua: un laboratorio sempre aperto, dove ogni parola, a forza di essere usata, consumata, derisa, può rinascere come simbolo nuovo.

E allora prendo “puttanata”. Una parola che suona già come una pernacchia o un colpo di tamburo. Treccani la mette tra le azioni maldestre, sciocche, disoneste, di poco valore. Ma nell’era social, nell’epoca del megafono che amplifica tutto, dal grido d’amore al rutto digitale, “puttanata” rischia di diventare qualcosa di più complesso.

Perché la puttanata non è soltanto “una cosa inutile”: è il rumore che ci seduce e ci respinge, la voce che vuole essere ascoltata a ogni costo. È il megafono interiore che urla per affermarsi, ma che a volte ci regala anche la comicità, la leggerezza, la spinta a non prenderci troppo sul serio.

Io, il megafono, l’ho tenuto in mano davvero: strumento buffo e potente, che amplifica ma non inventa la voce. Con la voce si può unire, aggregare, contagiare di gioia. Con il megafono si rischia di urlare vuoto. E allora, forse, la vera “puttanata” non è l’azione sciocca: è l’eccesso di amplificazione, la parola che vuole brillare senza luce propria.

Così la puttanata diventa un simbolo del nostro tempo: il gesto goffo che si crede epico, la piccola scintilla che pretende di fare incendio, il tweet che si gonfia come una mongolfiera e poi implode.

Ma, allo stesso tempo, è anche un’occasione: perché in ogni puttanata c’è un invito al ridere, al ridimensionare, al rimettere le cose al loro posto. Forse, in fondo, la puttanata è la nostra ancora di salvezza: un modo colorito per dire al mondo “non tutto merita il megafono”.

Nicomachea

“Sii uomo in modo virtuoso solo così sarai felice.

Queste parole non sono mie ma di Aristotele anche se non li ha mai pronunciate.

Così che vorrei riassumere un’opera straordinaria che ha scritto dedicandola a suo figlio Nicomaco e la intitola proprio così Etica nicomachea. Questo già ci dice molto della bellezza di quest’opera un padre che parla a suo figlio che cerca di consigliarlo su come vivere la vita per essere felice.

È un invito grande quello di Aristotele; inevitabilmente si spinge a domandarci chi sono che cos’è l’uomo? Aristotele risponde che l’uomo è un animale razionale a differenza di tutti gli altri esseri è dotato di “logos” pensiero parola ragione; è in grado di pensare di comprendere di interrogarsi sul senso profondo dell’esistenza.

Aristotele ci invita proprio a questo siate pienamente uomini ma siate lo, dice, in modo virtuoso ovvero nel modo migliore possibile. I greci infatti ci insegnano che l’areté, ovvero la virtù, non è l’opposto del vizio ma indica una forma di eccellenza. Allora siate eccellenti capaci di vivere la vostra umanità nel suo compimento più alto.

La virtù è una disposizione d’animo che si allena giorno dopo giorno attraverso un esercizio atletico dello spirito, perché non è vero che si allena solo il corpo, si allena anche lo spirito. Fatelo allora ma sempre guardando in alto guardando il sole verso ciò che vi trascendente. Solo così ci insegna Aristotele potrete essere felici, non di una felicità effimera fatta di istanti, la gioia che talvolta si prova, ma quella che nasce dalla piena realizzazione della vostra natura”

Irene Bondielli

Oro

La mia amica Valeria mi scrive: «Tutto bene?».
Io rispondo, giocando con le parole: «Yes, al lavoro… oro, oro».
Mi diverto a far risuonare i termini, a inseguirne l’eco. È un’abitudine che porto con me dal mio essere animatore: il desiderio di suscitare un sorriso, di creare leggerezza.

Poi, con qualche pausa dovuta ai vuoti di connessione — Valeria è in vacanza — nel tardo pomeriggio di ieri mi arriva un filmato.
Un tramonto.
E in sottofondo una musica che riconosco subito: L’estasi dell’oro di Ennio Morricone, dal film Il buono, il brutto, il cattivo.
Ecco che ritorna quell’oro, ma questa volta nella forma di un movimento musicale potente, inatteso.

Ed è proprio allora che le scrivo:
«Mi porti a un simbolismo che mi piace moltissimo. Tu sai quanto sono concentrato sui progetti che sto portando avanti. Queste tre funzioni — tramonto, musica e rito — le considero un regalo, e ti ringrazio ✨».

Eppure mi sembra che questa sensazione non sia arrivata a Valeria.
Forse era solo una mia impressione, un’ombra di distanza che ho percepito.
Forse lei non ne è nemmeno consapevole, immersa com’era nel suo tempo di vacanza.

Allora lo descrivo.
È come una prefazione, un’apertura. Un sentimento di attesa, uno sguardo che si perde lontano e insieme la voglia di avvicinarsi, di conoscersi.
Una musica che trattiene i confini e nello stesso tempo li spalanca, come la nostra stessa rigidità che a volte ci protegge e a volte ci limita.

Poi nasce l’evocazione. Poi l’apertura.
È come un palcoscenico che lentamente si illumina e rivela lo spettacolo a cui stiamo assistendo: la maestosità del sentire.
Perché quando sentiamo, viviamo davvero.
Viviamo il momento, l’adesso, come un susseguirsi di emozioni che alla fine confluiscono in un unico movimento.

È lo stacco.
È la consapevolezza.

Come se ci trovassimo in un grande magazzino e ci divertissimo a provare tanti abiti, alla ricerca di quello che più ci somiglia.
E lo facciamo con garbo, con sintonia, con un’allegria unica.
Ancora più bello se questo gioco è condiviso, se c’è un altro sguardo accanto al nostro.
In quell’attimo i freni cadono, le paure si sciolgono, le frizioni si dissolvono, lasciando spazio a una vastità senza confini.

Un suono, un’immagine: ieri un tramonto e le note di Morricone.
Un piccolo dono capace di trasportarmi in un mondo di esplorazione e magia: la natura.

La natura è vuoto e pienezza insieme.
Ognuno la coglie a modo suo, secondo le proprie abitudini, la propria sensibilità, la propria educazione interiore.
E allora mi domando: a cosa voglio prestare attenzione, adesso?

Forse alla simbologia del gesto: condividere qualcosa con un’altra persona, sapendo — o non sapendo — che da lì nasceranno pensieri, riflessioni, dialoghi.
È la bellezza della condivisione.

L’incontro tra due persone ha sempre un che di magico, di reale: vibrare della stessa intensità che Morricone ha saputo infondere nelle sue note, e che ci porta a suoni che appartengono a un’epoca, a una storia, al cinema, ma anche a una necessità profonda.
E che, come quella musica, si apre, si ramifica, prende direzioni. A volte brevi, a volte intense. Ma sempre vere.

Tutto questo si aggiunge a stamattina, quando leggo una bella, interessante definizione di Italo Calvino, datata 1957:
«Per avere rapporti genuini, costruttivi con gli altri è necessario diventare individui. Si diviene individui approfondendo la conoscenza di sé e mantenendosi fedeli alle proprie regole interne, al proprio codice personale di valori, al proprio stile. Bisogna lasciare che la propria singolarità emerga, anche a costo di apparire degli eccentrici. È questa la via per sfuggire al conformismo dilagante, alla massificazione, all’accettazione di modelli di comportamento predefiniti».

Desidero esprimere la libertà, cogliere e innaffiare la vita con le sue meraviglie, sfuggendo alle ambiguità, mantenendo il rispetto per sé e per gli altri.
E soprattutto dichiarare la propria autonomia, che deriva dall’autonomia del mondo: quel procedere come il sole e la luna in un cerchio che, se vissuto appieno, ci sazia, ci scalda e illumina ogni nostro pensiero e azione.

Abbracciamoci ogni giorno con il nostro sentire, con il nostro pensiero, con il nostro amore. Così come siamo. E da ciò che diventiamo.

Pranzo

Stamattina ho fotografato l’alba: era da tantissimo tempo che non lo facevo. Era un’abitudine che avevo quando abitavo nella mia vecchia casa, che mi regalava un panorama aperto a est, dove ogni mattina vedevo il sole sorgere dal mare. Anche da qui il mare si intravede, ne colgo solo una striscia, mi basta.

Ieri è stata una domenica intensa. ricca di nuovi stimoli a cui aggiungo una maturità interpretativa interessante. Al mattino, insieme a Valeria, siamo andati alla Plaja: un bagno alle prime ore del giorno, quando l’acqua è limpida e trasparente, ha confermato le sensazioni che già conoscevo e le ha smosse nel profondo, tra sole e luna.

Una parte interessante è accaduta a pranzo. Valeria mi ha invitato da lei, ma a cucinare è stata la sua coinquilina, Claudia. Oltre al cibo, Claudia mi ha fatto un dono inatteso: ha selezionato una serie di brani musicali, quasi come un jukebox come se volesse creare una colonna sonora domenicale necessaria, liberatoria

Si parte con un brano cantato da un ragazzo ormai cresciuto, capace di trasformare le sue incertezze in certezze apparenti. La distanza affettiva prende la forma di un girotondo, fatto di intraprendenza e leggerezza, come una festa illuminata da piccole luci. Si intrecciano sguardi rapidi e complici, una messa dal sapore gitano, un susseguirsi di abbracci invisibili, più mentali che fisici. È un movimento continuo, alla ricerca di attenzione, che si scontra con un silenzio interiore: un vuoto che sembra incolmabile, ma che paradossalmente trova la sua pienezza proprio in quel vuoto.

Da quella prima condivisione si prosegue con l’ascolto e affiora la ricerca di una consapevolezza più densa, di qualcosa che sfugge e nello stesso tempo si desidera. Un brano che si lega ad un forsennato pensare che si presenta come libertà di espressione quasi senza fine e senza confini da un approccio immobile, lento contrasto, da una condizione di restrizione.

Dal ricordo di un tormentone di ieri riaffiora l’urgenza di imporsi, di chiedere attenzione, fino a farsi trasparenza: riflesso sottile del proprio stesso contenuto. Ma questo percorso, a tratti, può lasciare in bocca un sapore stucchevole, come la marmellata che arriva troppo dolce.

In questo brano presentato come il “the best” della selezione c’è un sapore caraibico che come il tango diventa insaziabile, logorante. In questa musica troviamo quel gusto visivo delle “anche” che si muovono sinuose, troviamo il ritmo che vibra tra sensualità e leggerezza. Se volessimo rappresentarlo in Italia, potremmo pensare a Renato Zero, Sangiovanni o a Giorgia: artisti capaci di unire profondità e teatralità. Qui, invece, il brano assume un atteggiamento più intimo, come chi posa uno sguardo sulla finestra e racchiude i propri sentimenti in una bottiglia di vetro, alla ricerca di ciò che desidera e che gli sta veramente a cuore. Non si distingue cosa si vuole se una cartolina da guardare sempre o il viaggio attraverso un binocolo.

In questa canzone si percepisce un’educazione al contrasto, che può essere senza confini: iper-romantica e avvolgente quando la si ascolta, selettiva e strategica quando ci si distacca. La diversità emerge sia nei toni che nella musicalità, con suoni ricchi ed evocativi che richiamano il sole, il mare, la spiaggia, e ogni tipo di abbraccio, trasportando chi ascolta in un mondo di emozioni sensoriali e profonde.

Di canzoni durante il pranzo ne ho ascoltate tante, tra passato, presente e futuro. Tante proposte in una condizione che mi è nota in quanto come dj è sempre forte il desiderio di far ascoltare più selezioni possibili ad una o a più persone. Questo mi fa pensare ad una forma interpretativa, e in questo senso immagino Claudia che si pone davanti a un pubblico raccontando se stessa e portando pubblicamente dei moti interiori che la rappresentano, questo per me è teatro.

Trasformiamo il primo pensiero in una battuta,
Questo è l’inizio di una ricerca.

Un canto giovane ma già maturo,
dove l’incertezza si veste da certezza
e la distanza affettiva diventa girotondo.

C’è l’intraprendenza di una festa di luci,
sguardi veloci che si sfiorano complici,
una messa gitana che vibra nell’aria,
abbracci che non toccano la pelle
ma accarezzano la mente.

È un moto perpetuo di ricerca,
un richiamo silenzioso verso l’attenzione,
finché dentro rimane un vuoto
che si colma soltanto di sé stesso,
trovando nel silenzio
la propria fragile pienezza

Galleria

Mantenere un dialogo, uno scambio su esperienze diverse è un potente fattore di crescita reciproca. Buon giorno!

Nel caos di una stanza, la mia, avverto l’entusiasmo della costanza. Gisella, Camillo, Irene, Mimmo, Simona e tanti altri partecipanti pubblico di ATTORI COMMEDIANTI e SPETTATORI, dove la narrazione era la voce di mio padre Nando Greco, si sono sentiti, ci hanno abbracciato.

Ieri sera alla Galleria d’Arte Moderna di Catania è stato un momento molto speciale. La recitazione è stata intensa e il pubblico quasi 100 persone ha risposto con grande calore. Una serata piena di energia e soddisfazione!

Le funzioni protettrici

Simone il tecnico, il saggio illuminatore della scena, persona fidata, preziosa, puntale e sensibile che ha saputo con pochi elementi rendere magico ogni momento a servizio della messinscena

Giuliana giovanissima attrice pescata da una confluenza di scelte e occasioni, con i suoi cappelli ondulati, la sua caparbietà e le sue amiche felici in sala è stata la voce della naturalezza

Franco che mi ha permesso di andare a teatro e tornare a casa con la sua auto, che mi risuona con la sue battute tonanti, indispensabile genio della lampada per il suo affetto e la sua devozione al teatro

Gianluca un educato giovane personaggio padre con il profondo rispetto di interpretarlo fino a sentire il senso della “muriccia”, un attore promettente incontrato perché è così che l’universo ti accontenta

Rossana l’incalzante attrice indomita suggestiva e profondamente leale che mi fa impazzire nel pensare che ci siamo rincontrati su un palcoscenico dopo 45 anni, la considero una fortuna e una meraviglia, una benedizione, una grazia, una eccellenza

Alfio il mio collante di emozioni, ci ha raccontato la lava che rotola, vedo me stesso alla sua età, non solo come un attor giovane, come un soldato capitano che contiene una vastità di desideri e sensibilità che sfuggono alla vista e alla stesura di una definizione

Angela incredibilmente devota appassionata disciplinata attenta indispensabile, senza di lei non ci sarebbero state più di 44 memorie di effetti luci, che gioia vederla accanto a Simone rendere giustizia alle sue emozioni per lo spettacolo

Enrico il riferimento più sincero e profondo del mio rapporto familiare con il teatro, indimenticabile l’abbraccio con mia nipote Vittoria, con mia figlia, con mio genero, segni infiniti di quel senso viscerale di una antica e profonda relazione d’amicizia, quanto la bellezza di questo nostro poetico nuovo incontro professionale

Emanuele il condottiero, maestro possente e vibrante dello spettacolo, l’espressione del tutto del testo, la maschera tormentata e pura, la saggezza e lo stile, la memoria e la veridicità che l’attore vuole a se l’anima per rappresentarsi e rappresentare la libertà

Sabrina necessaria, brava con e per ogni sfumatura, ogni parentela, la sua eleganza è fare finta di non sapere la sua sconfinata maestria, l’ho voluta come baricentro dello spettacolo, finalmente dentro una mia produzione, ha permesso che l’armonia del suo talento illuminasse ogni istante

Turi a cui riverisco la mia passione, assieme l’abbiamo trasformata in azione, un incontro apparentemente fortuito, un riprendere le fila di una conoscenza antica, il desiderio di collegare potere e bellezza, ed ecco che assieme abbiamo costruito un sogno nella condizione reale e sociale, un amico autentico scrupoloso effervescente indispensabile creante perché tutti noi ci godessimo la scena

A Paolo Di Caro, Silvio Parito, Bernardo Perrone, Tina e Federica, a tutti GRAZIE ❤️

Venezia 82

La Giuria presieduta da Alexander Payne e composta da Stéphane BrizéMaura DelperoCristianMungiuMohammadRasoulofFernanda Torres e Zhao Tao dopo aver visionato i 21 film in competizione ha deciso di assegnare i seguenti premi:

LEONE D’ORO per il miglior film a:
FATHER MOTHER SISTER BROTHER di Jim Jarmusch (USA, Irlanda, Francia)

LEONE D’ARGENTO – GRAN PREMIO DELLA GIURIA a:
THE VOICE OF HIND RAJAB di Kaouther Ben Hania (Tunisia, Francia)

LEONE D’ARGENTO – PREMIO PER LA MIGLIORE REGIA a:
Benny Safdie per il film THE SMASHING MACHINE (USA)

COPPA VOLPI per la migliore interpretazione femminile a:
Xin Zhilei nel film RI GUA ZHONG TIAN (THE SUN RISES ON US ALL) di Cai Shangjun (Cina)

COPPA VOLPI per la migliore interpretazione maschile a:
Toni Servillo nel film LA GRAZIA di Paolo Sorrentino (Italia)

PREMIO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA a:
Valérie Donzelli e Gilles Marchand per il film À PIED D’ŒUVRE di Valérie Donzelli (Francia)

À PIED D’ŒUVRE di Valérie Donzelli À PIED D’ŒUVRE di Valérie Donzelli

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA a:
SOTTO LE NUVOLE di Gianfranco Rosi (Italia)  

PREMIO MARCELLO MASTROIANNI a un giovane attore o attrice emergente a:
Luna Wedler nel film SILENT FRIEND di Ildikó Enyedi (Germania, Ungheria, Francia)

Orizzonti

La Giuria ORIZZONTI della 82. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, presieduta da Julia Ducournau e composta da Yuri Ancarani, Fernando Enrique Juan Lima, Shannon Murphy e RaMell Ross, dopo aver visionato i 19 lungometraggi e i 14 cortometraggi in concorso, assegna:

PREMIO ORIZZONTI PER IL MIGLIOR FILM a:
EN EL CAMINO (ON THE ROAD) di David Pablos (Messico)

PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIORE REGIA a:
Anuparna Roy per il film SONGS OF FORGOTTEN TREES (India)

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA ORIZZONTI a:
HARÀ WATAN (LOST LAND) di Akio Fujimoto (Giappone, Francia, Malesia, Germania)

PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIORE ATTRICE a:
Benedetta Porcaroli nel film IL RAPIMENTO DI ARABELLA di Carolina Cavalli (Italia)

PREMIO ORIZZONTI PER IL MIGLIOR ATTORE a:
Giacomo Covi nel film UN ANNO DI SCUOLA di Laura Samani (Italia, Francia)

PREMIO ORIZZONTI PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA a:
Ana Cristina Barragán per il film HIEDRA (THE IVY) (Ecuador)

PREMIO ORIZZONTI PER IL MIGLIOR CORTOMETRAGGIO a:
UTAN KELLY (WITHOUT KELLY) di Lovisa Sirén (Svezia)

Premio Venezia opera prima

La Giuria LEONE DEL FUTURO – PREMIO VENEZIA OPERA PRIMA “LUIGI DE LAURENTIIS” della 82. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, presieduta da Charlotte Wells e composta da Erige Sehiri, Silvio Soldini assegna il premio

LEONE DEL FUTURO
PREMIO VENEZIA OPERA PRIMA “LUIGI DE LAURENTIIS” a:
SHORT SUMMER di Nastia Korkia (Germania, Francia, Serbia)
GIORNATE DEGLI AUTORI

Venezia Spotlight

PREMIO DEGLI SPETTATORI – ARMANI BEAUTY a:
CALLE MÁLAGA
di Maryam Touzani (Marocco, Francia, Spagna, Germania, Belgio)

Venezia Classici

La Giuria di VENEZIA CLASSICI presieduta da Tommaso Santambrogio e composta da 23 studenti – indicati dai docenti – dei corsi di cinema delle università italiane, assegna:

il PREMIO VENEZIA CLASSICI PER IL MIGLIOR DOCUMENTARIO SUL CINEMA a:
MATA HARI di Joe Beshenkovsky e James A. Smith (USA)

il PREMIO VENEZIA CLASSICI PER IL MIGLIOR FILM RESTAURATO a:
BASHU, GHARIBEYE KOOCHAK (BASHÙ, IL PICCOLO STRANIERO) di Bahram Beyzaie (Iran, 1985)

Venice Immersive

La Giuria VENICE IMMERSIVE presieduta da Eliza McNitt e composta da Gwenael François Boris Labbé dopo aver visionato i 30 progetti in concorso, assegna:

il GRAN PREMIO VENICE IMMERSIVE a:
THE CLOUDS ARE TWO THOUSAND METERS UP di Singing Chen (Taipei, Germania)

il PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA VENICE IMMERSIVE a:
LESS THAN 5GR OF SAFFRON di Négar Motevalymeidanshah (Francia)

il PREMIO PER LA REALIZZAZIONE VENICE IMMERSIVE a:
A LONG GOODBYE di Kate Voet e Victor Maes (Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi)

Heterotopico

La politica e il malaffare decisero che San Berillo doveva morire, per il bene della città. Così macinarono esistenze e crearono il ghetto che è ormai diventato inaccessibile”.

Il quartiere di San Berillo, a Catania, fu raso al suolo a partire dal 1957 a causa di un’operazione di sventramento urbanistico. Nel 1956 furono dati i primi colpi di piccone, avviando la distruzione di circa 240.000 metri quadri di area urbana per far spazio a un nuovo assetto edilizio. L’intervento mirava a creare un grande asse viario, un lungo viale, che da corso Sicilia e corso Martiri della Libertà avrebbe dovuto attraversare l’area del quartiere fino alla stazione.

Mi colpisce il “avrebbe”.

Il teatro di Gisella Calì prodotto da Città Teatro Catania, racconta questa vicenda in quadri dal profondo sentimento nel suo contesto naturale, il cortile dell’Associazione Trame di quartiere. Abbiamo assistito ad una premiere che è stata a sua volta anticipata da una esplorazione del contesto guidata e partecipata dall’autore Domenico Triscritta da Piazza Stesicoro fino a Via Pistone 59.

Quanta musica in ogni spettacolo di Gisella Calì, ogni occasione per partecipare il suo sentire e portare alla ribalta brani di cui a volte si sono perse le tracce, è sempre molto interessante. Le armonie e le suggestioni che mi son portato a casa sono tante: Gloria, Voglio vivere così, Carmè, Pippo non lo sa, Mambo Italiano, È primavera, la romanza Musica proibita, Ma l’amore no, La spagnola, Il Pericolo Numero Uno, Però mi vuole bene, Nun te scurdà/Core ‘ngrato, Parlami d’amore Mariù, Vivere, Volare, Bravi ragazzi, Tira a campare

Gli attori, tutti bravissimi, Cosimo Coltraro, Carmela Coltraro, Carmela Buffa Calleo, Giorgia Morana, Daniele Caruso, Axel Torrisi, Alessandro Chiaramonte. Apprezzati continui cambio d’abito, una frenesia che ci arriva leggera in una abbondanza di contenuti che è la cifra stilistica della regista.

Un musical che porta momenti intensi e romantici di un quartiere prima e dopo la distruzione, la deportazione delle vite di decine di migliaia di persone, che vivevano a San Berillo, tra queste la famiglia dello stesso autore. Vorrei dire di ognuno qualcosa, mi basta scrivere coralmente della loro generosità, del loro talento tra recitazione, canto  e danza sono arrivati al pubblico che li ha apprezzati e applauditi.

Faccio menzione oltre che alla Senatrice Lina Merlin, alla donna Assessore che ci spiega “Heterotopico” aggettivo che indica una condizione in cui un tessuto, un organo o una cellula si trovano in una posizione anomala, diversa da quella normalmente prevista o anatomica. È un monologo imperdibile esilarante all’interno dello spettacolo “un monito per le future generazioni, certo signorina, ci da l’idea di quello che era il quartiere (…) noi signorina, nella mia persona, non facciamo di tutto il fascio un erba, gli abitanti erano di una povertà definitiva (…) qui che arriva la politica dal volto umano nella mia persona, signorina, modestamente (…) uno spazio heterotopico, u capiu signorina? con una parola alla portata di tutti, perché ha in sé diverse identità, gliele spiego una ad una: i buttani, lu bestia, l’attraversatore occasionale e il turista che ci piace perdersi (…) c’è una condizione signorina, tutti gli elementi indecorosi devono restare confinati l’addentro in questi palazzi senza tetti, in queste case senza servizi igienici, in queste stradine colme di spazzatura e angoli maleodoranti (…) nei secoli dei secoli… Questa interpretazioni in forma magnifica sono di Carmela Buffa Calleo che stimo e che arriva al pubblico più che mai.

Per la bellezza della recitazione e della playlist L’ORO DI SAN BERILLO potrebbe diventare un radiodramma come si usava anni fa in Radio RAI, o il podcast di uno spettacolo fruibile dovunque.

A volte 90’ non bastano per godere di una esibizione, va riportata alla memoria. Va soddisfatto e amplificato il grande lavoro di organizzazione e produzione.

Domenico Trischittaquesto è il sogno di mio padre, il sogno di com’era questo quartiere, è gusto che rinnovi la memoria di San Berillo

Gisella Calì “oggi gli attori e i tecnici sono stati meravigliosi nell’affrontare questo lavoro in una struttura diversa. Quello che ci ha trasmesso essere nel cuore di San Berillo è una emozione fortissima. Vorrei ringraziare la Cooperativa Trame di quartiere che fa un lavoro incredibile

Cooperativa Trame di quartieregrazie e complimenti di cuore per aver deciso di farlo qua perché per noi è emozionante . Facevamo qualche video e pensavamo come può essere utile per tutti i temi che stiamo affrontando adesso. Questo spettacolo è una occasione per dire quello che facciamo qui in una forma d’arte

Gian Maria Cervograzie ad un dialogo di tutti gli attori di questo progetto, la compagnia è meravigliosa, e grazie a Gisella che fa un lavoro incredibile. Arrivo qua attraverso una serie di associazioni e di amici catanesi. Una realtà che è finanziata dal MIC da tanti anni e che lavora in varie periferie delle città metropolitane in Italia. Oggi mi porto a casa un lavoro fatto sul territorio nel territorio, l’idea che il contenuto e il contenitore sono fortemente legati fra loro e generano significato per la gente del luogo. Qui fuori c’erano persone della comunità senegalese che stavano a parlare, che hanno sbirciato lo spettacolo. Per portare tutte le comunità che coesistono all’interno di un quartiere a vedere questi spettacoli  abbiamo bisogno della polifonia, di mescolare elementi diversi, la cultura alta e la cultura bassa, ovvero le varie culture etniche e le varie comunità. Questa è per me la direzione

Anche per me questa è la direzione.

Conquista

Qualcosa che costruisci che non ti aspetti e allo stesso tempo di aspetti. L’evoluzione lineare che trasforma un sentire in poesia. Studiare al futuro, guardare al passato che essendo passato è già storia, come fonte. Trasformare l’esperienza in nuovi obiettivi.

Distanti
Tanti
Anti

Procedere voglia
Oltre le illusioni
Oltre le finzioni

Momento
Fermento
Portento

Libera scrittura
Questo paesaggio
Presente linguaggio

Immateriale
Abissale
Colossale

Una Famiglia Perfetta

Madè con Accura Teatro ci presentano un nuovo allestimento

Che tristezza povera mamma, e poi vi lamentate per me, come dovevo crescere io, con un padre che corre dietro ad ogni singola gonnella ed una madre che è la regina dell’Olimpo, capace di comandare sugli altri,  ma non comandare se stessa; che scaglia le proprie ire sulle amanti di Zeus e poi è sempre pronta a difenderlo pur di non accettare la realtà delle cose, una famiglia perfetta”  

Questa battuta, che risuona come viscerale, è scritta da Luana Rondinelli, e portata in scena dalla valentissima Egle Doria. La stessa che ci porta “io sono l’unica che vi dà la possibilità di dar spazio” in una forma che scolpisce il sentire dello spettatore con un retrogusto infinito, unita al talento di Barbara Gallo, Laura Giordani e la stessa Rondinelli, tutte supportate dalla inventiva scenica e sartoriale di Vincenzo La Mendola.

In Sicilia, a Catania ci sono tante compagnie teatrali. Si va a teatro dove in scena incontriamo amici, colleghi, per assistere alle novità, ogni passo avanti che un tuo vicino di casa fa. In questo caso per un viaggio tra Mito e psiche che rilegge, attraverso la regia di un inconfondibile Nicola Alberto Orofino, la contesa tra le dee Era, Atena e Afrodite come specchio della fragilità contemporanea. 

Il mio scrivere riguarda lo spettacolo “Il Pomo della Discordia” che racconta la piccola vendetta di Eris, dea della discordia, nella cornice della festa di nozze dell’eroe Peleo e della ninfa marina, Teti, figlia di Nereo.

Ma tu hai amato davvero mamma? Guardati (…) io sono il grido che hai trattenuto durante il parto” (…) “volevo liberarti dal caos…”, “sono io il caos mamma”.

Mi piace questa combinazione di ruoli, di battute connaturate. Seguo ogni istante, mi cattura, con quella attenzione che riconduco nell’adesso di questa scrittura descrittiva

Come quella di Era interpretata da Barbara Gallo attrice che stimo da anni e anni e che fionda l’aria con “in quello sguardo c’è una donna che non permette a nessun sentimento di entrare

O piuttosto la cartolina dipinta con una “Mela con lo zucchero la mangiavo quando ero bambina”. Sa di più di quanto si pensi

Da questo e tanto altro che porto a casa colgo innumerevoli meccanismi, dati affettivi, potremmo dire reminiscenze, nelle quali c’è massimo rilievo e rispetto al modo di pensare e di sentire dell’autore suddetta attraverso uno o più personaggi le cui fragilità e conflitti interiori sono esplorati in un viaggio nell’istintivo piacevole partecipare come è servito in sala “(le mele sono nascoste) tra i confetti nel buffet”.

Il Pomo della Discordia fa parte del più ampio progetto realizzato da Madè e denominato Il mondo salvato dalle ragazzine, destinatario del contributo dei Progetti Speciali 2025 Teatro del Ministero della Cultura.

Il Pomo della discordia è il seme del conflitto, il simbolo del caos dietro l’apparente bellezza. È la scintilla che costringe le protagoniste a guardarsi dentro, ad affrontare il buio dell’inconscio, luogo di paura ma anche di rinascita. Era è una regina sola, tradita e manipolata; Afrodite è bulimica, incapace di accettare il tempo che scorre; Atena, autolesionista, vede la sua logica piegarsi sotto il peso del trauma. È una discesa nell’ombra, necessaria per trasformarsi.

Dove porta la musica” questo è il sacramento, la modalità del regista Nicola Alberto Orofino. Non c’è spettacolo che abbia visto firmato dallo stesso in cui la musica non abbia fatto il suo ingresso trionfale, dove “Quizas quizas quizas di Osvaldo Farré” o con la stessa vocazione “Non dimenticar di Vittoria Mongardi”, i Newton Brothers, o per la chiusa con Fabrizio De Andrè marcano decisamente la scena in questo allestimento, fino a completarla con rumori ambientali da matrimonio a bordo piscina portandoci da teatro ad una scena da film. Sono effetti che in effetti chiamano l’applauso come il sorriso per un “Complesso di Edipo

Il Mito si fa specchio interiore: Eris, Atena, Afrodite ed Era incarnano, infatti, archetipi femminili universali (impazienza, potenza, bellezza, autorità). “Portare in scena questo Mito significa guardare dentro la nostra civiltà, cercando le chiavi che aprono i significati della contemporaneità”.

Sono dee prima di tutto”, mi dico con Francesco Nicolosi Fazio compagno di Laura Giordani con il quale mi sono trovato a fianco tra il pubblico.

A seguire c’è da seguire, sempre in tema al progetto “Il mondo salvato dalle ragazzine”, l’omaggio ad Elsa Morante con LE STRAORDINARIE AVVENTURE DI CATERINA adattamento di Egle Doria e Laura Giordani