Avere l’impressione di restare sempre al punto di partenza. E chiudere la porta per lasciare il mondo fuori dalla stanza. Considerare che sei la ragione per cui io vivo. Questo è o non è Amore. Cercare un equilibrio che svanisce ogni volta che parliamo. E fingersi felici di una vita che non è come vogliamo. E poi lasciare che la nostalgia passi da sola. E prenderti le mani e dirti ancora. Sono solo parole. Sono solo parole. Sono solo parole, le nostre. Sono solo parole. Sperare che domani arrivi in fretta e che svanisca ogni pensiero. Lasciare che lo scorrere del tempo renda tutto un po’ più chiaro. Perché la nostra vita in fondo non è nient’altro che. Un attimo eterno, un attimo. Tra me e te. Sono solo parole. Sono solo parole. Le nostre. Sono solo parole. Sono solo parole, parole, parole, parole. E ora penso che il tempo che ho passato con te. Ha cambiato per sempre ogni parte di me. Tu sei stanco di tutto e io non so cosa dire. Non troviamo il motivo neanche per litigare. Siamo troppo distanti, distanti tra noi. Ma le sento un po’ mie le paure che hai. Vorrei stringerti forte e dirti che non è niente. Posso solo ripeterti ancora. Sono solo parole. Sono solo parole, le nostre. Sono solo parole, le nostre. Sono solo parole. Sono solo parole parole parole parole. Sono solo parole. Compositori: Fabrizio Mobrici
Today
In ogni bontà c’è nascosto un capriccio, quella iperbole come un lampo che è di luce o di distruzione. Intanto chi naviga il fiume sa che prima o poi si arriva alla sorgente a ritroso nel mare in quella somma di acqua e di altezze che si compone del punto di partenza. Lasciamo la poesia vagare anche se spinta dalla follia. Ogni poesia si ritrova spesso circondata da escrementi parlanti, è naturale. La missione supera ogni delinquenza e vive ogni fase come ossessiva esigenza perché in quel laddove dolore c’è disegnata la soluzione. Dedico ogni suggerimento a l’anima e al suo infinito sapere. Ogni progetto è dedicato alla scoperta. A questo sogno nel pensiero che è già manifesto in tutte le sue meravigliose forme. Nel momento di un furto o competizione, di una forma di tossicodipenza, la poesia diventa mostruosità e letale.
Pina Bausch
Questa scrittura è un effetto, in cui può sempre covare una tendenza.
Quando si dice magistrale. Quando ogni pensiero è contenuto. Quando sfida il sacrificio diventano manifesto di cultura. Quando la nudità è liberazione. Quando l’amore è il filo conduttore. Quando c’è l’assenza della distrazione. Quando c’è solo ossessione e sacri obiettivi. Quando la leggerezza è la sostanza. Quando il lavoro è il risultato. Quando la fragranza interna si manifesta con la fragranza esterna. Quando ogni inquadratura è un miracolo di eccellenza.
La luce, le composizioni di colore degli abiti, le linee, le geometrie, l’interpretazione, i dettagli, la creatività della costruzione dei gruppi, le pause e silenzi, ogni scelta sta di ricerca di passione, ogni rumore, ogni struggente evocazione è interpretazione, ogni sguardo è teatrale. Merita di essere visto e la pazienza che diventa esperienza che si riassume in un’unica direzione di eleganza, maestosità.
Pina Baush studiò con Kurt Joss in Germania, nel contesto della corrente di danza espressiva tedesca. Andò poi in America a proseguire gli studi, e infine tornò in Germania – dove venne chiamata a creare una sua compagnia presso il teatro di Wuppertal: fu così che nel 1973 nacque il Tanztheater Wuppertal. Nel 1975 creò la sua versione di La Sagra della primavera, con la terra sotto i piedi. Nella sua rivisitazione il concetto di rituale viene messo da parte, e si dà spazio invece alla condizione di vittima in cui è relegata la donna nella società. L’opera è influenzata dal messaggio dei movimenti femministi che partono a inizio anni ’70 (e allo stesso tempo ne è veicolo) – si parla di riappropriazione del proprio corpo e di contrasto tra il femminile e il maschile. La scelta del corpo nudo è un atto politico per riconfermare l’identità dell’essere umano. Durante la danza le donne si passano una veste rossa, simbolo del sacrificio – la ragazza che avrà in mano la veste alla fine sarà colei che verrà sacrificata. Uomini e donne sono quasi sempre divisi in 2 gruppi separati: le donne si passano la veste sapendo che ognuna di loro potrebbe essere la prescelta, gli uomini sono in “apatica” attesa che si compia il sacrificio, e nella danza delle donne si legge il terrore dell’incontro col maschile, fatto di violenza.
Fonte https://virtusdanza.wordpress.com/2021/04/11/le-sacre-du-printemps-dalle-origini-a-pina-bausch/
Altre info https://nellepieghedelcorpo.wordpress.com/2015/03/04/la-sagra-della-primavera-dopo-nijinskij/
Nuovo Rinascimento
Nel libro di Giovanni Allevi del 2011 in quarta di copertina si legge: “il nuovo rinascimento ha un motto: mettersi in gioco fino alla fine”
Sto facendo questo. Penso che io stia facendo proprio questo con amore, fede e tenacia. Armato di Speranza, quella di questo Giubileo.
Aggiungo citazione allo stato d’essere la canzone di Gaber “C’è solo la strada”. Se questa poesia che la contiene ti è sfuggita di copio il testo. Anche il link così puoi ascoltarla
Alla fine di questa versione live la suggestione è meravigliosa.
Questa è la cornice: io adolescente assorbo questo spettacolo che porta a Catania mio padre nel suo Teatro e rimango incantato, continuo ad esserlo, una processione di parole che continua nel tempo.
Ieri sera dopo aver visto un film romantico ho dichiarato una invocazione categorica come il testo di questa canzone che pur essendo una trottola colorata è diretto arguto ed essenziale come la mia pressione, come la mia euforia creativa, e come la mia idea di allestimento minuzioso per ogni mio lavoro.
A me gli occhi, intreccio di sguardi. In ogni incipit di ogni ritornello di questa canzone c’è un accordo di chitarra che abbraccia qualsiasi ansia che ha voglia di ricominciare poggiando una mano in terra.
C’è solo la strada vuol dire, c’è solo il duro lavoro, la rinascita, la prova di forza ovvero l’entusiasmo messo a dura prova davanti ad ostacoli enormi o meno enormi.
Scrivo questa mail a te Anna nel frattempo la copio su una lavagna pubblica che è il mio blog, questo. “E poi ancora una porta, ancora una casa. Ma siamo convinti che sia un’altra cosa. Perché abbiamo esperienze diverse. Non può finir male. Perché abbiamo una chiave moderna. Abbiamo una Yale. Perché è tutto un rapporto diverso. Che è molto più avanti. Ma c’è sempre una casa, con altre aspirine e calmanti. E di nuovo mi trovo a marcire. In un’altra famiglia, la nostra, la mia. Abbracciarla guardando la porta. E la mia poesia.”
La stessa poesia che recentemente metto in scena con i vari personaggi interpretati da Alice. in uno spettacolo ancora in divenire, da completare. Cerco questi dettagli, energie produttive. Urlo questo. A chi mi sente.
Scrivere è la strada, la necessità di esporsi contro qualsiasi demone. Lotta, dolore, bombe sono gli strumenti di uno spettacolo chiamato vita in cui esiste la felicità di raccontarla e descriverla. Lo spettacolo è proteina.
Ecco il testo della canzone di Alessandro Luporini / Giorgio Gaberscik
Maria, ti amo. Maria, ho bisogno di te. Poi la stringo e la bacio, infagottato d’amore e di vestiti. E anche lei si muove, felice della sua apparenza e del nostro amore. E la cosa continua bellissima per giorni e giorni. Una nave, con una rotta precisa che ci porta dritti verso una casa, una casa con noi due soli. Una gran tenerezza e una porta che si chiude.
Nelle case non c’è niente di buono. Appena una porta si chiude dietro a un uomo. Succede qualcosa di strano, non c’è niente da fare. È fatale, quell’uomo comincia ad ammuffire. Basta una chiave che chiuda la porta d’ingresso. Che non sei già più come prima. E ti senti depresso. La chiave tremenda, appena si gira la chiave. Siamo dentro a una stanza: Si mangia, si dorme, si beve.

Ne ho conosciute tante di famiglie, la famiglia è più economica e protegge di più. Ci si organizza bene, una minestra per tutti, tranquillanti, aspirine per tutti, gli assorbenti, il cotone, i confetti Falqui. Soltanto quattrocento lire per purgare tutta la famiglia. Un affare. Si caga, in famiglia. Si caga bene, lo si fa tutti insieme. Di esporsi nella strada, nella piazza
Nelle case non c’è niente di buono. Appena una porta si chiude dietro a un uomo. Quell’uomo è pesante e passa di moda sul posto. Incomincia a marcire, a puzzare molto presto. Nelle case non c’è niente di buono. C’è tutto che puzza di chiuso e di cesso: Si fa il bagno, ci si lava i denti. Ma puzziamo lo stesso. Amore ti lascio, ti lascio. C’è solo la strada su cui puoi contare. La strada è l’unica salvezza. C’è solo la voglia e il bisogno di uscire. Di esporsi nella strada e nella piazza. Perché il giudizio universale. Non passa per le case. Le case dove noi ci nascondiamo. Bisogna ritornare nella strada. Nella strada per conoscere chi siamo. C’è solo la strada su cui puoi contare. C’è solo la strada su cui puoi contare. La strada è l’unica salvezza . C’è solo la voglia e il bisogno di uscire. Di esporsi nella strada, nella piazza. Perché il giudizio universale. Non passa per le case. E gli angeli non danno appuntamenti E anche nelle case più spaziose. Non c’è spazio per verifiche e confronti.

Laura, ti amo. Laura, ho bisogno di te. Con te io ritrovo la strada, le piazze, i giovani, gli studenti. Li avevo lasciati qualche anno fa con la cravatta. Sono molto cambiati, sono molto più belli. Le idee, sì, le idee sono cambiate, e i loro discorsi e il modo di vestire. Gli esseri meno. Gli esseri non sono molto cambiati. Vanno ancora nelle aule di scuola a brucare un po’ di medicina, fettine di chimica, pezzetti di urbanistica con inserti di ecologia, a ore pressappoco regolari. Ed esiste ancora il bar, tra un intervallo e l’altro. E poi l’amore, per fabbricarsi una felicità. Come noi ora. Una coppia, e ancora tante coppie. Unica diversità, un viaggio in India su una Due cavalli. Due, come noi. E poi ancora una porta, ancora una casa. Ma siamo convinti che sia un’altra cosa. Perché abbiamo esperienze diverse. Non può finir male. Perché abbiamo una chiave moderna. Abbiamo una Yale. Perché è tutto un rapporto diverso. Che è molto più avanti. Ma c’è sempre una casa, con altre aspirine e calmanti. E di nuovo mi trovo a marcire. In un’altra famiglia, la nostra, la mia. Abbracciarla guardando la porta. E la mia poesia. Amore, ti lascio, vado via.
C’è solo la strada su cui puoi contare. La strada è l’unica salvezza. C’è solo la voglia, il bisogno di uscire. Di esporsi nella strada, nella piazza. Perché il giudizio universale. Non passa per le case. In casa non si sentono le trombe. In casa ti allontani dalla vita. Dalla lotta, dal dolore, dalle bombe.
Lidia, ti amo. Lidia, ho bisogno di te… ma, per favore, in un hotel meublé.
Perché il giudizio universale. Non passa per le case. Le case dove noi ci nascondiamo. Bisogna ritornare nella strada. Nella strada per conoscere chi siamo. C’è solo la strada su cui puoi contare. La strada è l’unica salvezza. C’è solo la voglia, il bisogno di uscire. Di esporsi nella strada, nella piazza. Perché il giudizio universale. Non passa per le case. In casa non si sentono le trombe. In casa ti allontani dalla vita. Dalla lotta, dal dolore, dalle bombe.
Perché il giudizio universale. Non passa per le case. In casa non si sentono le trombe. In casa ti allontani dalla vita. Dalla lotta, dal dolore, dalle bombe.
Mi alzo da un po’ di giorni come se fossi drogato e reagisco, reagisco, reagisco. Ascoltavo questa canzone qualche giorno fa collegandola ad un periodo di grandissima trasformazione. Da lì nacque la mia prima figlia.
In coda a questa mail descrittiva e illuminata come un red carpet di un caos visionario ti chiedo se oggi pomeriggio/sera possiamo incontrare assieme Agostino il costumista che arriva da Roma e riparte domani mattina
Poi in mattinata appena vuoi chiama.
Moira Orfei e le sue sigarette
Con mia figlia abbiamo l’abitudine di andare ad omaggiare Sant’Agata alla sua prima uscita ogni anno che coincide con la messa dell’aurora in occasione della sua Festa a febbraio. Ogni volta c’è un clima di fratellanza e di attesa in una piazza Duomo che si riempie pian piano di devoti, turisti e cittadini fin dall’una di notte. Siamo arrivati alle 02:30. Quest’anno nel momento clou ho girato un video che comprende il suono dei fuochi d’artificio che ho usato come sottofondo a varie immagini realizzate durante le 5 ore, il corso della mattinata. A tutte, selezionate o no, manca il trucco di una giovane donna che è stata accanto a me fumando gran parte del tempo e che mi ha ricordato Moira Orfei a grandi linee. Di lei tra le immagini si nota solo la mano sinistra. Sono curioso di sapere se il mio amico fotografo @emanuele_carpenzano, presente al contesto suddetto, che inquadro di spalle, ha notato anche lui la stessa somiglianza e l’ha fotografata. Jung sottolinea l’intima connessione tra l’individuo e l’ambiente, che in alcuni casi cela un’attrazione così forte da realizzare quelle che noi chiamiamo coincidenze, ossia esperienze con un valore proprio e fortemente simbolico. Quel trucco non è soltanto il segno della matita nera che sporge dalla linea dell’occhio verso l’orecchio, non è soltanto il richiamo di una poesia visiva, non è soltanto mistero e attrazione, è molto di più. Il mio sguardo, la mia immaginazione, il mio trattenere la curiosità della conoscenza, la mia creatività e ogni mio incontro in questo caso lo dedico a Sant’Agata come espressione di un interscambio di fede per cui esprimo, con questo manufatto, mia gratitudine.
Musica
Questa è una scena bellissima alla quale devo tantissimo. Avevo 10 anni quando è uscito questo film. La cadenza, la simpatia dei dettagli, l’aspetto sorpresa che passa dal romantico al circense sono tutte informazioni che porto con me da allora. Se qualcuno apprezza la mia modalità di utilizzare la musica in vari contesti, come per lo spettacolo L’altro ieri in scena in questi giorni a Catania, sappia che uno dei miei primissimi spunti d’esplorazione parte proprio da questo arrangiamento, da queste variazioni in sequenza. “Raindrops Keep Fallin’ on My Head” è la canzone scritta da Burt Bacharach e Hal David per il film del 1969 Butch Cassidy and the Sundance Kid. Il testo descrive qualcuno che supera i propri ostacoli realizzando che “non passerà molto tempo prima che la felicità si faccia avanti“. Il messaggio mi ritorna ancora dopo più di 50 anni, come ieri sera al debutto dello spettacolo magnificamente interpretato da Alice Canzonieri con un team di grande rispetto. Me la sono proprio goduta. Grazie a chi c’era. Entrambi ci siamo portati a casa questa bellezza.
Kundera
“Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi. A seconda del tipo di sguardo sotto il quale vogliamo vivere, potremmo essere suddivisi in quattro categorie. La prima categoria desidera lo sguardo di un numero infinito di occhi anonimi: in altri termini, desidera lo sguardo di un pubblico. La seconda categoria è composta da quelli che per vivere hanno bisogno dello sguardo di molti occhi a loro conosciuti. Essi sono più felici delle persone della prima categoria le quali, quando perdono il pubblico, hanno la sensazione che nella sala della loro vita si siano spente le luci. Succede, una volta o l’altra, quasi a tutti. Le persone della seconda categoria, invece, quegli sguardi riescono a procurarseli sempre. C’è poi la terza categoria, la categoria di quelli che hanno bisogno di essere davanti agli occhi della persona amata. La loro condizione è pericolosa quanto quella degli appartenenti alla prima categoria. Una volta o l’altra gli occhi della persona amata si chiuderanno e nella sala ci sarà il buio. E c’è infine una quarta categoria, la più rara, quella di coloro che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti. Sono i sognatori…”
Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere, 1984

Luce
“La candelora è luce come l’idea e la luce e l’idea che viene generata da un percorso di fede da un percorso di ricerca di studio, faccio alcuni esempi (…) Da che mondo è mondo quando vogliamo raffigurare un’idea vediamo una lampadina accesa (…) La preghiera di un singolo può illuminare un’intera città. L’idea di un singolo altrettanto. Il motore è la Fede. Tirare fuori quell’atteggiamento mistico che è presente in ognuno di noi. Non c’è differenza di cultura tradizione la Fede è Fede qualsiasi sia la persona che la pratica. L’idea dipende dalla Fede dal cuore dalla responsabilità dagli studi la ricerca e della volontà di una persona. Le idee allargano gli orizzonti trovano soluzioni illuminano la vita. L’idea sta nel cosa dirvi sta nel modulare l’idea attraverso la fede in un percorso di lavoro che comprende il volontariato e le attività proficue e la famiglia. Vorrei proporre adesso un’idea, ognuno si giri a destra o sinistra e abbracci la persona che ha accanto. Le buone idee smuovono il mondo, quelle cattive….? Ognuno si prende la propria responsabilità. L’idea che mi porta qua è quella di Salvo che un giorno mi ha proposto di entrare in questa dirigenza e questa dirigenza mi ha proposto di organizzare qualcosa che sdoganasse le retoriche, quei pensieri rituali, il già detto sulle candelore. L’anno scorso siamo partiti dal quartiere e per partire dal quartiere siamo partiti dai bambini che portano in maniera naturale ogni informazione alle famiglie. Un impegno che ci ha dato grandi soddisfazioni prima il convegno e poi la festa il 18 febbraio dove hanno partecipato non soltanto gente del quartiere ma anche cittadini catanesi e dell’hinterland. Quest’anno una grande idea. Appena saputo che una persona che conosco, un amico, Lucio Di Mauro viene insignito del titolo di presidente dell’Associazione giornalistica cattolici, immediatamente lo contatto. Ed eccoci qua. Stamattina Lucio mi ha detto che non compariva il mio nome in nessun modo nel programma nella locandina nell’articolo, io ho risposto che poco importa; l’importante è che siamo qui adesso e che ognuno ne tragga gioia. Togliamo più che possiamo l’io dei nostri discorsi e aggiungiamo il noi, il voi, allarghiamo lo sguardo. La luce ci consente di fare questo. Auguro a tutti di avere e di vivere vite luminose e piene di coraggio di fede di passione affinché si realizzi questo abbraccio globale in cui ci sia fondamentalmente pace e per tutti”


L’altro ieri

Spettacolo
La scrittura è un gesto fisico e mentale che mi piace sempre più, mi appassiona.
Ieri sera ho visto il film The Wife – Vivere nell’ombra (The Wife) del 2017 diretto da Björn Runge. Tratto da The Wife romanzo del 2003 di Meg Wolitzer. Un film in cui il tema è il sessismo e forse molto di più “l’autrice del testo a cui si rifà il film ha deciso di esplorare il modo in cui il mondo tratta diversamente gli uomini rispetto alle donne e scelto di farlo nell’ambito del matrimonio. Wolizter non ha sperimentato questa dinamica in prima persona e si è dunque ispirata alla storia di sua madre, la scrittrice Hilma Wolitzer, la quale fu apostrofata “casalinga diventata scrittrice” quando pubblicò il suo primo romanzo. Wolitzer madre percepì tale descrizione come sia sdegnosa che interessante, in quanto sembrava descrivere qualcosa di simile alla trasformazione di Clark Kent in Superman all’interno di una cabina telefonica.”
Non so bene perché associo queste parole, questa descrizione al cinismo e nel frattempo ricordo che i miei soliti pensieri mattutini li sto trasferendo in queste mail.
Sono giorni di ansia e frenesia poetica. Di immaginazione e di controllo di tutte le condizioni che si vengono a creare tra il lavoro di comunicazione ed espansione pratico che nel dialogo con chi è coinvolto direttamente ed indirettamente in questo progetto.
Pensa che un signore che ho conosciuto due anni fa sul set del Gattopardo, che ho contattato molto prima delle prove con Alice ai Salesiani. Un signore di cui ho saputo il cognome solo ieri, in quella che chiamo poesia espansiva, stamattina mi porta in aeroporto una serie di vestiti che ci presta tra cui una giacca per Filippo Melodia che è bellissima.
E il mondo attorno a noi si muove.
A seguire ieri sera, con grande gioia, vengono i miei figli a casa mia in due fasi diverse. Prima il grande poi la piccola. Abbiamo visto il film Nelle tue mani di cui ho già parlato nel mio blog https://www.curiosotv.it/2025/01/07/nelle-tue-mani/
In questi giorni mi sto allenando ad intrattenere il pubblico prima dello spettacolo, parlando di come sono arrivato al testo e di varie cose che portano al teatro e al tipo di teatro messo in campo, ed altri pensieri.
Da questi pensieri/prove ieri ho pensato anche a: l’esteriorità oggi più che mai per me equivale al consumismo. L’esteriorità oggi più che mail attraverso i social è dilagante. Vorrei portare a teatro tutti gli “estero dipendenti” da una parte, e gli eccentrici dall’altra.
I primi navigano sul web in tutte le pose, i secondi camminano per strade in tutti i colori. Entrambi sono persone che vogliono esprimere qualcosa e fare in tutti i modi perché il mondo li ascolti. Non sono outsiders, questi ultimi sono nascosti.
Ritorno al film che ho visto in prima serata e al mio presente. Non c’è niente di esistenziale e non esistenziale, ci sono simboliche priorità allo stesso tempo lo è in un meccanismo tra micro e macro “La microeconomia è lo studio dei sistemi economici su piccola scala, ovvero il modo in cui le teorie economiche funzionano quando sono applicate a un individuo, a un gruppo o a un’azienda. La macroeconomia, invece, guarda all’intera economia delle nazioni o del mondo.”
Per me i pensieri che pensiamo micro, forse inutili, possono diventare macro. Ed ecco che penso alla tua collaborazione alla tua dedizione, al tuo coinvolgimento mediato con la tua vita e spesso distratto dalla tua vita stessa con l’arma più potente che tu possa mettere in campo “i sogni”. Poi scatta la razionalità e un secondo dopo la fantasia. In questo proseguire.
Scrivendo e riscrivendo continuo a lavorare sulla selezione perché aiuta a me e non solo, e anche se penso di buttarmi in determinate conclusioni come per la ragazza del baretto pronta a diventare promoter. So che da tempo ho sviluppato un filtro (fede e saggezza alimentata) che mantengo sempre efficiente. Questa è energia, qualcuno più esperto potrebbe chiamarla fisica quantistica, che porta alla rivoluzione utilizzando l’aria, le forze dell’universo.
“Agostino ieri era a Roma per scegliere vestiti per lo spettacolo” mi sembra un buon esempio
Ecco perché l’oggetto di questa racconto è grazie spettacolo!
Perché con tutti gli annessi e connessi siamo già tanto altro per essere ciò che siamo senza troppe mediazioni. La nostra bellezza illumina la bellezza di altri in un continuo procedere chiamato spettacolo con cui facciamo i conti nel bene e nel male anche se a volte non lo capiamo e soprattutto chi ci sta attorno non capisce.
Essere sé stessi vuol dire essere innamorati prima di tutto di noi stessi.
“Ho sempre riconosciuto il potere che gli individui hanno di cambiare virtualmente qualsiasi cosa nelle loro vite in un istante. Ho imparato che le risorse di cui abbiamo bisogno per trasformare i nostri sogni in realtà sono dentro di noi, ed aspettano soltanto il giorno in cui decideremo di svegliarci e reclamare il nostro diritto di nascita.” (…) “Le convinzioni hanno il potere di creare e il potere di distruggere. Gli esseri umani hanno la sorprendente capacità di prendere qualsiasi esperienza dalla propria vita e creare un significato che tolga loro potere oppure uno che letteralmente salvi la loro vita.” (Anthony Robbins)
buon giorno