Lavoro

La gentilezza è comparsa al mondo grazie alla sfida alla ricerca di sé.

Più si soffre, più ci impegna a creare il bene per sé e gli altri, più si è amorevolmente gentili.

Mi sono accorto ieri che la professionalità, la bravura nel compiere un lavoro non è sufficiente se non c’è la volontà di creare energia. Io sono un ascoltatore di energia. Il mondo del lavoro è l’aspetto più variegato della vita di un uomo. Quando diciamo lavoro, intendiamo varie cosa, possiamo intendere una cosa che ci abbrutisce, una cosa che è pensante, una cosa che facciamo mal volentieri, o possiamo intendere una cosa che amiamo, l’aspetto che abbiamo sempre sognato sul quale abbiamo investito una vita. Quando diciamo lavoro possiamo dire che qualcosa che ci da soddisfazione, che ci fa crescere, che ci mette in condizione di vivere come vogliamo noi, quindi ci da soddisfazioni economiche.

Il mondo del lavoro a volte è un’incognita, a volte riusciamo a trovare la cosa giusta e ce la trasciniamo per tutta la vita, oppure per tanto tempo facciamo una cosa sbagliata e poi improvvisamente arriva la scintilla creativa, iniziamo a fare le cose giuste. Il mondo del lavoro, si chiama mondo del lavoro perché io lavoro e lavoro perché sono retribuito, lavoro per me stesso, ma io stesso mi devo retribuire. Il mondo del lavoro è l’accezione più positiva della nostra vita e nello stesso tempo a volte può essere distruttiva, perché buttiamo tutti i nostri sentimenti, tutti i nostri interessi, tutte le nostre energie là, in questo spazio da agricoltore rampante che vede soltanto la propria terra e alza gli occhi al cielo solo per vedere se piove o c’è il sole.

Il mondo del lavoro penso che debba essere coniugato col mondo della vita, delle passioni, della gioia perché nel momento in cui io chef dell’ultima trattoria del mondo, realizzo amorevolmente una pietanza per un mio cliente che paga la sua consumazione e la realizzo nel miglior modo possibile perché sono innamorato di quel lavoro e questo lavoro è contenuto in un meccanismo chiamato vita, in cui non soltanto c’è il lavoro, ma ci sono i miei interessi personali; in questo lavoro c’è la mia famiglia, ci sono i miei amori, ci sono i miei hobby, c’è la mia fede, c’è il mio bioritmo, ecco in quel momento quella pietanza che arriva sul tavolo di quel cliente assume un aspetto globale, cioè è veramente il frutto di un sacro lavoro.

Non è facile, soprattutto per gente come me che mette al primo posto, in questo contenitore chiamato lavoro, la poesia, la filosofia, il mercanteggiare con i pensieri, il filosofeggiare e il creare situazioni fiabesche e a volte personalmente possono essere anche distruttive, dal caos nasce la più bella sinfonia con cui gli uomini si riempiono di cultura, di passione e portano a casa sentimenti che possono diventare motivo di grande esplorazione personale. Quindi mi fermo a pensare in questo momento, stamattina, con questo sole potente che illumina ogni cosa, le condizioni umane che caratterizzano il mondo del lavoro; il concetto sacrosanto del lavoro, l’interazione con il lavoro degli altri, la magia del lavoro, la fruizione del lavoro.

Oggi io vivo in un mondo che lavora, oggi io vivo in un mondo in cui c’è il portiere che lavora, che mi accoglie; c’è il vigile urbano che distribuisce il traffico, c’è il bancario che conta i soldi, c’è il benzinaio che da la benzina e ci sono io che lavoro in questo momento forse per lavorare. Da quanti anni io lavoro? Io lavoro da tantissimi anni, da piccolissimo, lavoro per aprire la festa dell’immaginazione, lavoro per trovare un senso alle cose che faccio, lavoro e continuo a lavorare per produrre magnificenza, per produrre spettacolo, per produrre atmosfere magiche che sta tra il circo, l’evocazione e lo scintillio dei colori della musica, che permette alle persone di arricchirsi, di generare altra creatività, di essere coraggiosi. Il lavoro è coraggio di essere come si vuole, di produrre ogni giorno un’esperienza, o migliorare quella che si ha per alimentare stessi e alimentando se stessi, alimentiamo la terra.

Il mondo del lavoro è un’invocazione ad agire, alla presenza. Il mondo del lavoro è la bellezza terrena. Io lavoro per il lavoro alla ricerca di un lavoro e offro contemporaneamente lavoro, scambio lavoro e sviluppo lavoro, da sempre. Mi fanno pensare in questo momento tutte le persone in questa terra che stanno lavorando, che stanno producendo qualcosa, che stanno costruendo qualcosa, che stanno vendendo/progettando qualcosa; persone che in questo momento guardano al futuro, che sono riuniti a progettare, a fare, in diversi campi, c’è gente in questo momento in campagna, attorno a una zolla di terra, che sta decifrando rispetto alla natura, il miglior modo per produrre una fava, un chicco di grano, un pero, un melo, una susina. C’è gente in questo momento che sta dando da mangiare agli animali, affinché quella bestia, l’animale produca latte o produca la stessa carne; ci sono persone che in questo momento stanno contando soldi, perché i soldi sono entrati e quindi vanno contati e distribuiti, ci sono persone in questo momento che pur lavorando non hanno soldi da contare e ci sono persone che vendono il lavoro di altri o fanno in modo di creare sviluppo o politica a favore di cambiamenti, o energie e sinergie.

Il mondo in cui ognuno riesca a essere se stesso lavorando senza droghe o commistioni, un mondo in cui ognuno riesca a dare il proprio sano contributo al mondo senza metterci altro che il lavoro stesso, che l’impegno stesso. Mi piace che la parola lavoro, in una sua parte contenga la parola preziosa “oro”, la parola lavoro inizi con LAV che potrebbe anche significare lavare, pulire essere esattamente come prima, infinita necessità.

Se rappresento la mia vita oggi, scrivo che sto lavorando, ma non ho chi mi retribuisce. Io credo che oggi il mio datore di lavoro, un’impresa che mi sta fornendo uno stipendio nella vita, è l’universo, io sono un lavoratore dell’universo, sono una persona decisa, determinata, che svolge un ruolo importate, svolgo un ruolo dietro le quinte di nicchia. Uso la passione, l’amore, la pazienza, la musica, la fantasia, le relazioni, uso anche le mie paure, ma anche il mio coraggio, uso i risvegli notturni, le albe potenti, le incertezze, i segnali che ti scuotono, i segnali diretti, le parole gentili, gli abbracci, i baci; uso la mia impotenza e uso anche la mia potenza, uso la mia sincerità, uso il mio equilibrio, la mia consistenza, io lavoro per l’universo, io lavoro per tutto ciò che è lavoro e con grande disciplina ogni giorno offro il mio contributo.

Mi sono distanziato recentemente dal cosiddetto lavoro a rotativa, ho detto basta alla catena di montaggio, perché io non costruisco niente, rielaboro, assemblo parole e immagini, costruisco sguardi e proiezioni di sguardi, allineo musica, ballo e produco ballo.

Traduco da ciò che sento, ascolto un’evocazione e la trasformo in emancipazione e questo è un concentrato di ricchezza, per tanti difficile da riconoscere, da leggere, è vero la bellezza sta negli occhi di chi guarda. L’armonia è l’energia pulsante ed è il rendiconto più autorevole del lavoro, io lavoro e produco il suono dell’armonia, io lavoro e produco un flusso d’energia solo applicando la verità e la realtà a ciò che sono, come sono.

Ogni giorno si gusta in questo liquido amniotico che è la vita quotidiana e nuota, la ricerca di una dimensione di un lavoro. L’attenzione di questo concetto, non serve lo scambio, serve il saper agire. Mi abbraccio con il mio dolore ogni giorno diverso, quel dolore emancipante, quel dolore, il mio che mi sveglia, mi da forza e mi obbliga al rinnovamento, a cercare soluzioni, nuove configurazioni per esistere e sostenere il flusso che si chiama tempo. Il tempo di quando ho iniziato a scrivere, il tempo che leggo cosa scrivo, il tempo che questo diventi lavoro. Lavoro al tempo nel tempo per escogitare una dignità, la mia, che ha bisogno di essere vissuta come faccio io adesso, con l’entusiasmo di un bambino che non sa bene cosa significa lavoro, gli basta il seno della mamma, gli basta il gioco. Questo è l’arte, trasformare trasformare il mare di emozioni in porzioni di sé vendibili. Ci sto lavorando al mio lavoro, sto lavorando al miracolo

 

Fiducia

Sono qua grazie a tutto ciò che ho fatto nel giusto e nello sbagliato, ogni cosa è formazione.

Questa foto mi riporta a tre anni fa, 19 novembre 2015, quando lavoravo per un ristorante, mi occupavo di relazioni pubbliche e giravo l’Eur a caccia di clienti per questa azienda, con una desolazione infinita, un’angoscia stratosferica e con una grande fiducia che in qualsiasi maniera possibile arrivassi all’obbiettivo. È una mattinata di segnali e inevitabilmente di interpretazioni. Antonella, una mia cara amica, mi invia il ritaglio di un foglio di libro che dice così:

“A volte ci sentiamo rivolgere una domanda che rappresenta un lato fragile della nostra epoca: “Tu ti vuoi bene?” A volte rispondiamo si, quasi sempre mentendo, mentre se la risposta è :no, sentiamo la necessità di aggiungere che e perché non siamo amati abbastanza. Eleonora mi ha scritto che “solo chi è stato amato può amare veramente”, non rendendosi conto che così sta relegando l’amore nel luogo delle spiegazioni, delle definizioni. E se, invece, esistesse dentro di noi un luogo senza spazio, quasi inaccessibile dall’esterno, profondo in cui l’amore sgorga spontaneamente? 

E se la nostra ricerca, le nostre spiegazioni, ci portassero lontano da questo territorio, che non può essere imbrigliato nelle nostre definizioni e nelle nostre certezze? Possiamo sforzarci di volerci bene? No, non è possibile: con un lavaggio del cervello, del tutto pericoloso e inutile, possiamo forse piacerci, amarci no. Prima di tutto perché ogni amore è intero solo quando si libera dell’oggetto. Si, non amiamo mai qualcuno, o qualcosa o noi stessi; ci sembra che sia così, ma è un’illusione. È che in realtà siamo presi, catturati da questo fluido misterioso e magico, non serve che ci amiamo, serve semplicemente che amiamo, che facciamo posto all’amore e lui farà la sua parte. 

[…]Solo chi è libero ama il mondo e se stesso.  La vita non chiede di volerci bene, ma di accettare ciò che c’è dentro di noi.”

Sono Claudia. L’amore è singolo, l’amore è per sé stessi, in due si diventa uno, l’amore è UNO.

Claudia, non sapendo dove io volessi arrivare, scrive queste frasi collegate all’amore ed è bello. Quello che voglio scrivere in questo post è che il più grande beneficio della vita è la trasformazione, ovvero realizzare i propri sogni nel nostro miglior modo d’essere compatibile, infinitamente come siamo.

Esame di lealtà

Teaser:

Sinossi:

L’autore del film ritrova idee e improvvisazione in uno o più dei 250 cartoni che ha tenuto nascosti per tanto tempo. Adesso attraverso i personaggi di questa storia vuole liberarle.  Per fare questo ha deciso di usare la metafora del trasloco e alcuni temi atavici come traccia, per aprire un canale di comunicazione con la società. Il film si articola tra domande e risposte. Tu mi siedi davanti sei l’attore, io sono il regista ti ascolto. Le tue risposte ci porteranno alla storia.

Rinascita

Un fascio di luce colpisce il nero del terreno, è come un occhio che scruta tutto. Si muove a destra e a sinistra, spiando, per trovare qualcuno che risponda al suo sguardo.  Un esplosione bianca distrugge quella tranquillità che era stata creata. Caos. Caos bianco dappertutto.

La retorica è un interessante meccanismo mentale che spinge all’annullamento della realtà, la retorica distrugge la realtà, la confina in un angolo e non le da spazio, annienta la fantasia, la ingabbia.

Vedi in questo momento sto cantando e sono in gabbia. Mi vedi che sono in gabbia? O forse siamo in gabbia tutti e due? Rimaniamo in gabbia, ci sarà prima o poi un salvatore che ci viene a liberare. La retorica è una lamentela, la retorica è il bianco di un cuore che non ha coraggio.

oggi

28 ottobre 2018 proietto in una visione privata a casa mia per la prima volta il mio film Esame di lealtà. Un sogno avverato, un primo passo, la capacità di superare me stesso. L’impossibile possibile

Il gesto impresso

L’opera d’arte nasce dall’attenzione, è un modo piacevole di restituire, poesia, passione a ciò che incontriamo. Pochi giorni fa ho dialogato piacevolmente con Fulvio, il mio insegnante di yoga, maestro reiki, che conosco da poco, tanto quanto basta a sentire che è una bellissima persona. La nostre è una piacevole interazione. Gli ho chiesto una selezione musicale alla quale ho lavorato oggi. In pratica rispondo con una mia teoria, approfondita nel libro “il gesto impresso”, o nel sito web omonimo, in cui do al contenuto musicale un significato, individuale e  rappresentativo dell’agire pensante. Un pensiero trascina l’altro a bordo della musica. Ogni brano musicale assume durante l’ascolto la modalità di quadro in movimento in cui la visione genera contenuti che si intrecciano al sound musicale. Oggi ho voluto condividere con Claudia, che collabora con me da qualche tempo, questa nuova esercitazione. Di seguito le fasi di quella che io chiamo la traduzione emotiva dell’ascolto musicale, in cui troviamo il link e a seguire una visualizzazione in modalità cangiate, fluida e autentica in funzione al proprio vissuto, in relazione a ciò che ascoltiamo. I contenuti sono del sottoscritto per tutti e sei i brani. Al terzo brano troviamo anche il contenuto di Claudia. In coda le restituzioni di entrambi.

Pink Floyd – Wish You Were Here

Incrocio di suoni, incrocio di chitarre. Siamo nel bel mezzo di una strada molto trafficata, un luogo dove tante macchine si incrociano, danno la precedenza e confluiscono ognuna verso la propria direzione. Ci sono alcuno pensieri protagonisti e sono quelli che pensano di più, quelli che guardano meglio degli altri perché sono attenti, perché descrivono la realtà, perché vivono la realtà. È un inno al potere, è un inno a ciò che si può fare. C’è una cadenza perfetta, una sensazione di marcia, una sensazione in cui un gruppo di persone si muovono verso la stessa direzione, e altrettanto fanno altre. Chi va a est, chi va a ovest, chi va a nord, chi va a sud. Il suono in questo caso è un semaforo, che da alternata la precedenza ad ognuna di queste direzioni. Ritroviamoci a questo semaforo, aspettiamo che scatti il verde, abbiamo pazienza quando c’è il rosso, immergiamoci in ciò che siamo. Il futuro è ciò che di più potente abbiamo, perché c’è il presente proiettato. Il futuro è il cinema creato da ciò che viviamo nell’istante in cui lo viviamo. La scena ci porta ad un agricoltore che sotto il sole o sotto la pioggia, semina con passione la propria terra. Vediamo il chicco che cade sulla terra e si fa spazio per generare natura.

Kashmir-Led Zeppelin

Quella marcia a cui siamo sempre abituati, quello scandire del tempo, quella foga da ciclista o maratoneta, si veste a nuovo. Abbiamo appena comprato una tuta nuova, è un piacere vedercela addosso. È tutto molto semplice, a tratti anche duro, ma il nostro procedere sa di coraggio e disciplina. Apparentemente duri, siamo sperduti come chi entra ad una festa e non conosce nessuno. Le sensazioni sono diverse, possiamo provare illusione o possiamo provare disillusione, giriamo attorno come una trottola e ci rendiamo conto che ciò che vediamo è un susseguirsi di stati d’animo, ne scegliamo uno. Scegliamo quello stato d’animo che ci intriga di più, ci avviciniamo e lo esploriamo. Siamo curiosi. Attiviamo un dialogo, lo attiviamo come se stessimo saltando su un tappeto elastico e in una diversa modalità usiamo il fantastico per arrivare all’altro che sta saltando con noi. È un’interazione che rappresenta il gioco della vita. È quell’allegria, quella sfrontatezza che ci siamo negati e oggi la raffiguriamo saltando. E mentre saltiamo marciamo, un esercizio complesso, intrigante, il saltare e il marciare, roba da circo. Siamo stupiti noi stessi che riusciamo a fare due cose contemporaneamente, e aggiungo una terza, perché saltiamo marciamo e cosa più importante sorridiamo. E cosa più importante dialoghiamo. Ops, Ops, Ops. Ad ogni salto c’è il nostro “Ops”, raffigura la cedenza il ritmo la tenacia. Ops, raffigura il gesto, quel simbolico manifesto che sia chiama rappresentazione: Ops. E continuiamo a saltare. Ogni salto c’è un colore nuovo, ogni salto c’è un pensiero nuovo. Si aggiungono altre persone, questo nostro fare ci avvince, avvince. Saltiamo oltre ogni retorica. La retorica che ci consuma e consuma. È una sfida, è una disciplina sfidante. È il nostro spettacolo al quale diamo un nome femminile: tenacia.

The Black Keys – Weight of Love

Un sintonizzatore, la ricerca della giusta frequenza è come un portachiavi pieno di possibilità d’apertura, soltanto una di queste apre quella porta. Entriamo in una casa che è la nostra, entriamo  in una casa che ci siamo costruiti. La casa che vogliamo noi, una casa dove ogni cosa è casa. Spazi, la  poesia degli spazi, prospettive diverse. Basta posizionarsi in angoli diversi su pareti opposte, arrampicarsi a una scala per guardare la stessa cosa in una maniera diversa. Questo è chiaro. Ci rivolgiamo a chi vive con noi, a chi si relaziona con noi, per comunicare il nostro viaggio, il nostro essere, la nostra esplorazione. Calma, amore mio. Ti verso, ti verso un verso, ti verso del vino in un bicchiere. Mi fermo a guardare quel bicchiere, all’interno c’è un vino rosso, lo guardo, mentre guardo te. La casa ci contiene, contiene le nostre speranze, il nostro presente e il nostro futuro, contiene quel vino, contiene l’istante in cui beviamo guardandoci. Questa casa è immersa nel mondo, questa casa fa parte dell’universo. Pulsa questa casa in un pulsare pulsante. La musica si intreccia. È una festa in cui c’è una convergenza di grande passione, di grande volontà. Che bello vederci contaminati d’amore, che bello vederci rigogliosi di passione. Che bello essere illuminati dal sole che nella sua accezione magica e stellata si chiama luna. (Salvatore)

Una macchina che viaggia  su una strada deserta. Il vento tra i capelli. La libertà, il senso di completezza di poter decidere la propria destinazione senza dover rendere partecipe nessuno. Riuscirò a raggiungere il mio obbiettivo? In questo momento non mi interessa, la mia testa è totalmente in balia della musica che si diffonde nell’abitacolo e che scandisce la mia marcia. I colori che prevalgono sono il giallo e l’arancione, è pomeriggio o forse è mattina? Attorno a me ci sono dei canyon e io sono l’unica macchina che li attraversa e che corre percorrendo le strade che come corsi d’acqua spaccano la pietra. Sono rilassata, niente può fermarmi in questo momento, c’è un caldo infernale, ma la cosa non mi disturba, è come se la mia mente fosse completamente staccata dal corpo, come se vaghi alla stessa velocità della mia guida. Arriverò? È davvero importante l’arrivo? È forse il viaggio quello che conta davvero? (Claudia)

Chris Isaak – Wicked Game

Hai presente quando esci dalla doccia tutto inzuppato, vuol dire che hai fatto la doccia, che cos’è? Cosa significa fare la doccia. Abbiamo avuto l’occasione di lavarci e dove l’abbiamo fatto questo? Ci siamo docciati a casa nostra, c’è freddo, caldo? Ci siamo docciati al mare? C’è freddo, c’è caldo, l’acqua è fredda, l’acqua è calda? Ci siamo docciati a casa tua, ci siamo docciati in palestra, ci siamo docciati perché abbiamo giocato a spruzzarci l’acqua? O ci siamo docciati senza esserci docciati? Questa è la sensazione che mi piace esplorare. Mi sono docciato? E non mi sono docciato, oppure mi sono docciato e non mi sono docciato? Quello che desidero è soltanto una sensazione di freschezza con te, è una sensazione che si accosta molto all’erotismo, inteso come infinito atto di libertà e godimento.

It’s the end of the world – R.E.M

Punto, cioè essere in movimento prima del movimento stesso, punto. È l’immagine dell’euforia senza euforia, è l’agitarsi più dello stesso movimento d’agitazione, questo movimento di iper-movimento rappresenta incomprensibilmente la staticità. Raffiguro il mio time lapse in cui l’unico ad essere fermo sono io. Che vuol dire fermo all’interno di un confluire, di un fluire, di un’agitazione in cui non trovo delle proprietà. Sono i pensieri di quest’era, è l’esagerazione dell’uomo manifestata in un’allegoria che si interroga quotidianamente su ciò che è e su ciò che vuol essere.

Attenti a quei due – Sigla italiana

Mi sveglio la domenica mattina perché è il giorno in cui servo messa. Sono un chierichetto. Sono un chierichetto devoto e appassionato del rito, della celebrazione, di tutto ciò che confluisce in essa. Seguo il mio maestro.

 

Restituzione di Claudia

Nebbia. Pioggia. Confusione. Nebbia mentale. Mente. Sogno. Quiete. Tempesta. Vento. Potenza. Invincibilità. Natura. Uomo. Donna. Amore. Casa. Letto. Famiglia. Bambino. Palla. Amicizia. Sorriso. Felicità. Delusione. Solitudine. Chiuso. Aperto. No. Si. Forse. Possibilità. Speranza. Ambizione. Successo. Presunzione. Arroganza. Tristezza. Buio. Nebbia.

È come un cerchio che continua a chiudersi, la nebbia conduce ad altra nebbia. È difficile che si riesca ad uscire da questa specie di girone infernale che ti fa sentire come in balia delle onde. Un mare agitatissimo, il senso di impotenza che ti assale. La felicità e la solitudine vivono in simbiosi. Si può essere veramente felici senza essere un po’ soli? Ci può essere felicità senza tristezza? Tutto esiste perché esiste il suo opposto. Si chiama equilibrio.

Restituzione Salvatore

Ho ascoltato sei brani. La logica comune, la visione che mi arriva forte è uno sguardo a ciò che ti circonda come un vigile urbano in mezzo ad un incrocio che regola il traffico. Un uomo che vive la sua vita in spazi ben definiti. Un uomo che riempie la sua vita saltando da un pensiero all’altro, dialogando da un clima ad un altro. Questi brani rappresentano, a parer mio, gli elementi primari della libertà in cui ci sfidiamo mai sazi di sapere chi siamo. L’elemento fondamentale è che abbiamo un maestro.

 

Gilberto Idonea

Dedico oggi il mio pensiero ad un’artista che ci ha lasciato qualche giorno fa. Al vuoto e dispiacere che mi ha invaso. Il mio ricordo va alla sua naturale saggezza, al suo essere attore, alla sua spontaneità di un amorevole burbero da modi regali come ogni grande attore sa fare, ne posso citare tanti che come lui hanno costruito con serietà e disciplina una cultura esportata in tutto il mondo. Il mio ricordo va all’uomo che avuto la necessità di dare amore attraverso il teatro. Il mio ricordo va a ciò che ha creato, al suo dialogo con il pubblico ricambiato, alla sua riverenza e allo stesso tempo irriverenza dell’essere mattatore di palcoscenico. L’ho visto poche volte a teatro, molte di più al cinema e alla televisione. L’ho visto e abbracciato nella vita familiare, quella di tutti i giorni. Ho parlato con lui di cinema e ho ascoltato la sua esperienza, il suo travaglio. I suoi amori sono anche i miei, con lui condivido l’interagire da nonno,  questo è ciò che mi commuove tanto e che mi manca. Adesso prego per te Gilberto, perché tu possa rinascere in fretta e dove vuoi e ritrovare ciò che la tua anima vuole

integro

Fede significa ascoltare misticamente ogni cosa che nel momento in cui preghi con devozione irrompe dentro la propria vita. Ieri ho posto attenzione ad una parola che è arrivata con il suo candore, ecco l’idea.

La definisco idea come un punto di partenza esplorativo. Da questo raccolto ho deciso di lavorarlo e metterlo in rete, condividere per costruire cultura che è la mia vocazione primaria. La meraviglia del mio sognare che illumina ogni cosa e alimenta la bellezza di nuove esperienze. Un valzer di armonie, di utili affinità e di precise suggestioni che creano spettacolo. Ho allargato questa costruzione di pensiero, questo elucubrare ad altre persone. Ho chiesto a Claudia e Giulia, che fanno squadra con me per diversi progetti, e che lavorano con me a varie realizzazioni, cosa per loro rappresentasse questa parola, e quale musica associano a questa immagine.

La prima a rispondermi è Claudia:  Per me la parola integro è un sostantivo, non penso al verbo integrare, per me integro significa intero, completo, rotondo. Come la terra, una sfera, una cosa completa. Qualcosa di integro è anche qualcosa che prima non lo era, quindi qualcosa che prima era rotta, incompleta, ma adesso è completa, grazie all’aggiunta di qualcosa. Non so perché ma questo ragionamento mi porta a pensare a mia madre, in generale al concetto di madre, forse perché una madre è qualcosa che ti completa. So che è un po’ forzato come ragionamento ma è stata la prima cosa che mi è venuta in mente. Quindi integro come completezza, come senso di risoluto. Può essere qualsiasi cosa, una palla, un compito portato a termine, un traguardo superato, oppure il senso di completezza che si prova trovando la propria anima gemella. Ecco, forse è per questo che ho pensato a mia madre, ho collegato la completezza della parola integro con l’amore. Certo quello per una madre è una forma diversa d’amore, forse a questa parole si accoppia meglio l’amore che si prova trovando la propria metà. Come il mito della mela di Platone, ognuno di noi continua a cercare la propria metà e senza di quella non si sente mai completo, mai integro. Purtroppo non posso dirle cosa si prova ad avere questa completezza, non sono ancora riuscita a trovare l’altra metà della mia mela, ma considerando tutta la grande letteratura e cinema sull’argomento deve essere qualcosa di incredibile. È probabile che lei colleghi la parola integro anche con la fede, cosa che come sa, a me viene difficile fare, non riesco a trovare qualcosa di mistico in questo, anche se forse il discorso sull’amore lo è. Mentre scrivo guardo il melograno che ha in balcone, può essere qualcosa di integro? Per me sì. Ecco cosa significa integro per me: completo, finito, compiuto. È assurdo come una parola possa avere due significati opposti, dopotutto il verbo integrare significa aggiungere qualcosa, praticamente l’opposto di quello che io intendo con il sostantivo integro. Concludendo, se volessimo associare qualcosa di concreto e reale alla parola integro per me quella sarebbe una palla, o una sfera per essere un po’ meno infantili; qualcosa che non bisogno di nient’altro, oltre quello che possiede già, una cosa che purtroppo non appartiene a noi esseri umani che siamo sempre alla ricerca di qualcosa. 

Di seguito il brano che ha scelto Claudia in riferimento alla parola Integro:

La seconda a rispondermi è Giulia, mantengo il maiuscolo da lei suggerito: INTEGRO, INTEGRARE,  INTEGRITA’,  INTERO,  TOTALITA’,  PARZIALITA’, TUTTO D’UN PEZZO, SANO, COMPLETO, CONCRETO, CONCRETO, TOCCARE,  INTATTO, ONESTA’, FORZA, TOTALE, COMPLETO, SFACCETTATURE, UNITA’, SOCIETA’, NUMERI, NUMERO, INDIVIDUI, INDIVIDUO, INTEGRATO, VITA, NUOVO, ESPERIENZA, IDEE, UNITO, INDIPENDENZA, PEZZI, PARTI, SPEZZARE, ROMPERE, DIVIDERE, UNIRE, SEPARARE, RIUNIRE, COSTRUIRE, TROVARE, TROVARSI, PERDERSI, RITROVARSI, ENTRARE, USCIRE, UNIRSI, UOMO

Di seguito il brano che ha scelto Giulia in riferimento alla parola Integro:

A questo punto ho risposto ad entrambe: grazie,  sostenere un progetto, ampliare qualcosa, aggiungere un elemento, abbracciare una nuova teoria, modificare un processo di sviluppo, cambiare un programma, rivedere un menu, dare vitamine alla propria alimentazione, avere cura di ogni cosa perché siano come sono, o forse coniare un nuovo modo di vedere una cosa.. sono varie accezioni che stanno alla parola integro.  inoltro la mail di Claudia/Giulia vedi cosa ti dice.

Risposta di Claudia:  Giulia, a differenza mia, ha usato un elenco ed un testo di una canzone per arrivare al concetto che voleva esprimere, devo dire che ho apprezzato questo modo di far capire al lettore cosa si vuole dire, così non rischi di distrarlo con digressioni filosofiche, come ho fatto io. Lei ha puntato sul concreto cosa che funziona sempre, ma credo che infondo abbiamo espresso lo stesso concetto con parole diverse, anche lei ha messo la parola completo nel suo elenco che da integro l’ha portata a uomo. Quindi posso dedurre che anche per lei il concetto di integro è strettamente legato al completo e al compiuto. Probabilmente siamo due spiriti molto affini e per questo traiamo le stesse conclusioni pur usando metodi diversi.

Risposta di Giulia:  Il bisogno di essere totale, completo, rotondo. Unico. Ma anche il bisogno di scoprirsi “separato”. Una totalità di pezzi, di sfaccettature da poter trovare, comporre e ricombinare per nuove totalità.  La voglia di scoprire le più innumerevoli parti di sé e la voglia di comporle in modo da essere sempre nuovo, conoscere persone nuove, fare esperienze nuove. Essere aperti senza rinunciare a quello che è l’onestà, la dignità, il proprio essere. Integrità non significa chiusura, significa esplorare, esplorarsi. Ascoltare tutte le sfere del nostro io. Non solo del nostro Io, ma anche di ciò che ci circonda. Non rimanere fissi su un’unica prospettiva ma crearsi innumerevoli totalità. Non sottostare mai a chi ci fa stare male, non sottostare mai a ciò che può far soffrire chi ci sta intorno. L’esperienza del perdersi è legittima se questo perdersi diventa una sfaccettatura del diamante che ci compone. Se abbiamo fatto del nostro perderci un motivo per ritrovarci allora saremo integri.

Integro è un assioma. A questo punto, musica!

Pozzangherella

Tutto parte qualche giorno fa, tutto parte sempre da qualcosa, da un punto, da un primo passo, da uno sguardo. in questo caso un paio di mattine fa visualizzo un concetto. Elemento acquatico minuscolo o maiuscolo verso il quale in momenti di riflessione chiusa mi è capitato spesso di soffermarmi.

Capita che cammini per strada, in città e/o in campagna si attraversare spazi con quell’andamento lascivo, sommesso, la manifestazione ampia del broncio. In questi casi ti soffermi a guardare in basso, e se ha appena piovuto, ti fermi a a guardare le pozzanghere dove si riflette ogni cosa. Oltre che me stesso, ho visto palazzi specchiarsi in questi laghetti lillipuzziani, ho visto gatti e cani bere, ho visto arei attraversare queste acque specchianti.

Comunque non ero partito cosi, ci sono tornato dopo aver scritto il resto. Ero partito decantando l’acqua e di conseguenza all’acqua sono arrivato alla pioggia. Ad un certo punto corto circuito emotivo, ho dovuto fermarmi, una serie di pensieri e vissuti ha bloccato questa stesura

In questi casi o cancelli tutto oppure ti fermi e cerchi il momento giusto per riprendere, oggi per esempio dopo giorni di avanti e indietro, facendo leva su determinazione e coraggio per scrivere ciò che non vuoi scrivere, e se non vuoi scrivere si vede che ti stai privando di una emozione e siccome è meglio fare uscire le emozioni come allenamento oltre che alla verità al capirsi, è meglio dire tracciando incontro su carta o segni universali su pagine come questa, premi un tasto in una tastiera e appare la lettera giusta e poi un parola, un’insieme di battiti

Quel “qualche giorno fa” ho iniziato così: l’acqua è una benedizione, purifica, lava, interagisce con la terra, la nutre. La pioggia è la mega doccia, quella doccia che ci ristora. Acqua come torrente di emozione, acqua fiume della vita. Acqua ritmo…  Dal ritmo, da questa allegria sul tema dell’acqua sono passato alla pesantezza come canta Jovanotti “la terra va a volte va innaffiata con il pianto”… e ora che faccio? Raccolgo la depressione poetica e ci gioco con altre parole o invio a “quel paese” tutto

Fermarsi e riflettere serve sempre, respira..

Scrivo una poesia: La pioggia del nostro sé/Bellezza.. che fluisce/ Piove, cresce l’albero

Stacco: questa è una mia immagini di 4 anni fa. Zona Pigneto, su via Prenestina a due passi dal Nuovo Cinema Aquila. Aveva appena finto di piovere e ho voluto fotografare il mio ombrello rosso. Quinta di un’immagine di marciapiede, strada e auto verso est. Mi serve questo stacco, riprendo la voglia allegra di scrivere più che quella depressiva. Entro in un mood filosofeggiante, analitico. La comprensione di se stessi: si passa dalla paura all’amore, questi due elementi fondamentali, queste aree del pensiero in cui ognuna di loro fa la differenza. Ognuno si sfida

Inizio a fare collegamenti di vario genere in riferimento all’acqua piovana.

contributo n.1:  tuoni, suono di acqua piovana che cade..”come viene giù“.. E’ un esorcismo.. sto lottando con me stesso mentre il “guardati sei tutta bagnata” di questo brano scritto del 1994 stravolge ogni cosa, trasforma, riequilibra l’equilibrio. Ehi! cosa vuoi dirmi, cosa è stato, cosa vuoi che sia.. “senti le gocce battere sulla tua testa“. C’è quel pizzico di angoscia, stridio di pensieri nuvolosi, che vorresti fartela a gambe levate “Poi la pioggia tornerà”, un “iu” da controcanto

E’ interessante l’iter che fa il pensiero, come vaga partendo dall’acqua passando per pioggia e tutti i sogni possibili leggendo ciò che scrive Treccani sul questo termine. Tutte le varie possibilità di utilizzo. Poi riaffiora un retro  pensiero nascosto, ti schiaccia, ti scatena domande.. mentre riascolti il primo brano di questa selezione

Non contento passo a Modugno.. “c’era una volta poi non c’è più“,  sta ad affrontare la bestia, la “pioggia o pianto.. dimmi cos’è. Vorrei trovare parole nuove, ma piove piove.. “. Ecco l’incitazione: parole nuove, trasformanti per un presente che diventa futuro.. se non si ascolta il brano non si capisce un fico

Chi mi capisce? Tu che leggi ti sei perso.. Dove cazzolina mi sono spinto  pensando alla pozzanghera.. l’immagine statica e mossa di un comprensorio d’acqua a portata di piede

Sul sito web legambiente.it leggo, Il mondo è fatto di gocce. Meno male che c’è Alex Britti che pur mettendo in atto la disperazione usa una modulazione di maggiore velocità nel risolvere “piove sui banchi della scuola su ogni mia parola che non riesco a dire

Nayt singola ogni singola parola. Un cantante di cui faccio conoscenza su youtube, un rapper da macedonia “ogni volta dici cose, sono cose che non fai..” anche lui parla di pioggia.. Questa è musica da essere intercettata con un video gioco, velocità “parli di me“, una serie di loop e fuori continua a piovere e se c’è malinconia anche dentro

Il romantico e tuffo al passato sta nella versione di Pino Daniele. Primi anni 80′ “e aspiette che chiove, l’acqua l’acqua te ‘nfonne e va.Tanto l’aria s’adda cagna”. In che mondo sei Pino, che scrigno di bellezza ci hai lasciato troppo presto. Un segno incredibile di cultura poesia evocazione. Un meraviglioso lento che spazza via ogni nuvola, rivitalizza. Un sax che fa di un paesaggio un quadro multianima

Gianni Morandi sullo steso tema “amo la vita più che mai appartiene solo a me, voglio viverla per questo

Sto facendo una comparazione tra  brani musicali, un mix di vissuti cantati. Cantastorie pop e melodici. Cerco qualcosa di diverso.. arriva Virgina Raffaele in Come Quando fuori Piove che ho visto qualche giorno fa in TV e ancora sto cercando decifrare..  Tutto è partito da una pozzanghera, o forse all’origine da un’invocazione “Io onoro la mia vita, merito amore”

Navigo e navigo con i pensieri, mi serve nuove parole chiavi. Faccio Zapping da Evoluzione a Resilienza passando per libertà, e arriva pozzangherella che potrebbe portare a Bella e che invece mi porta a Maga Maghella, Raffaella Carrà..

Metto tutti questi ingredienti sul piatto e porgo a Claudia di darmi un feedback

L’acqua…che cosa posso dire sull’acqua che non si sia già detto? Aldilà della sua forma per me l’acqua è serenità. Ci sono diversi tipi di serenità, se parliamo di acqua intesa come mare mi trasmette una serenità felice, quasi esplosiva; se parliamo di pioggia allora è una serenità più malinconica e nostalgica, adoro stare in caso mentre fuori c’è in corso un temporale e magari associare tutto ciò, come sempre alla musica. E le pozzanghere? Beh si apre un mondo… Se mi chiedessero sul momento cosa penso delle pozzanghere direi una cosa triste, ma se mi soffermo a rifletterci è lo stesso discorso della pioggia, mi portano malinconia e mi portano a pensare a qualcosa di più grande di me, qualcosa di immenso. Mi metto a chiedermi chissà da dove arriva quell’acqua che adesso è per terra, chissà che percorsi ha compiuto, che parti del mondo ha toccato prima di arrivare per terra e di evaporare e tornare al suo stato primario. È così che io vedo la pioggia e in generale le pozzanghere. Probabilmente a qualcuno le pozzanghere faranno pensare ai bambini, probabilmente è per queste che ha associato la canzone “Maga Maghella” alla parola pozzanghera facendola diventare “pozzangherella”. Credo che lei abbia cambiato la sua concezione di pozzanghera, da negativa a positiva. Non so cosa le ha fatto cambiare idea, ma credo che lei adesso colleghi la pozzanghera ai bambini, magari ai bambini che ci saltano dentro e si sporcano le scarpe e i pantaloni mentre i genitori li rimproverano inutilmente. È qui che si percepisce chiaramente la nostra differenza d’età, lei probabilmente faceva questo gioco di saltare dentro le pozzanghera, un gioco che l’aiuta in questa associazione di pozzanghera-infanzia; io personalmente vedo la pozzanghera come una finestra verso la riflessione e verso mondi magari sconosciuti, non riesco a pensare alla pozzanghera come a qualcosa legato alla mia infanzia, piuttosto la lego strettamente alla mia maturità. E per quanto riguarda i pezzi che lei ha associato alla pioggia, per me quelle canzoni non rispecchiano assolutamente la concezione che io ho della pioggia. Per me la musica da associare alla pioggia è una musica muta, senza parole, magari una colonna sonora, secondo me le parole di una canzone associate alla pioggia ne coprono il rumore e quindi in qualche modo ne rovinano la magia. Mi ha messo davanti una rivista di Oliviero Toscani, la parola in copertina è libertà. Come si fa ad associare la libertà alla pioggia, alla pozzanghera? Posso associare l’acqua alla libertà, è facile, è sempre stato così fina dalla notte dei tempi, l’acqua rende liberi; ma l’acqua di per sé è libera, è fluida, non la si può intrappolare in maniera statica, l’acqua continuerà sempre a muoversi, ad evolversi e a far evolvere i pianeta e noi stessi. Ecco la parola evoluzione, la parola libertà e la parola resilienza, cioè la capacità di assorbire gli urti, tutte queste caratteristiche appartengono all’acqua e di conseguenza appartengono alla pioggia e alle pozzanghere. A questo punto, facendo quasi un sillogismo aristotelico, si può che la pozzanghera è libertà, è evoluzione, è resilienza.

Buona domenica

 

 

Anima

Scrivere  e fantasticare, preferisco fantasticare per scrivere.

In questi giorni ho fatto belle esperienze con la scrittura. In questi giorni ho scritto, anche se di fretta, quattro tesi su quattro rispettive materie.  Un lavoro interessante che mi ha fatto trovare stuzzicanti spunti da diversi autori e raccogliere naturalmente il bello che c’è in me e che c’è in altri.

Mi immedesimo in colui che si ferma come sto facendo adesso io e inizia una esposizione di pensiero su un foglio bianco. La stesura dipende da tante cose, la voglia, il tempo, i pensieri vincenti, quelli sonnecchianti, e soprattutto la verità dell’anima. Questo è già un argomento l’anima. Ruota tutto su questo.

Pochi giorni fa ho assemblato delle musiche in un CD che ho intitolato anima. Questa compilation incomincia con la suite di Maurice Jarre dal film A passage to India, vedi link in basso

Una giostra di sensazioni di immagini. Fiati piatti violini maestosità. Apertura al fantastico quello che appartiene ad ognuno. E’ un mostrare lento variopinto, è una esplorazione, è la ricerca. E’ un circo, tra tende, separé, prove, movimenti, luce, pista.. Tutto questo può avvenire dovunque. La differenza è la dinamicità che decidiamo di utilizzare, che osserviamo e che soprattutto scoviamo.

Ci sono passaggi di ognuno di noi che si configurano come un equilibrista che attraversa sul filo il vuoto tra due montagne.

Il punto di partenza e il punto di arrivo. La lettera che sto scrivendo e che inoltro via mail o spedisco con francobollo dopo aver chiuso bene la busta con la mia saliva.. e le allucinazioni di questa missiva che inizia a viaggiare da sola, e che qui sul foglio bianco, specchio del mio pensiero, trova il suo cerchio.

Torna la dinamicità, il nostro confine con gli altri si apre. Penso al periodo musicale che incide sul gusto e si tramanda. Per esempio in questa suite a circa 9 minuti c’è lo spazio disegnato, quello che sto raccontando dall’inizio di questo mio descrivere me con il mio agire pensiero fantastico.

Ci sono i i passaggi, le attese, le anticipazione, i sorrisi, il gran da fare e il fermarsi a riflettere davanti il sole che nasce. C’è il sollecitante bisogno di sollecitarsi. L’indipendenza emotiva associata è l’opera d’arte. La stessa magia che laddove è accaduta ha trovato la strada per questa composizione che sto ascoltando e che possibilmente vorrei, stiamo condividendo in un ascolto comune, ripetuto.

In certi passaggi, possiamo definirli tratti, c’è un vissuto già raccontato: questa è la retorica. In altro ambiente dentro lo stesso ambiente, immagini dentro l’immagine, c’è l’andare c’è l’esplorazione, c’è la curiosità del vivere e dell’esserci.

E’ un quadro colorato, disegnato e ricolorato. Ci sono gli incontri, i sorrisi i ” Si, scusa sono indaffaratissimo”, i “Che piacere vederti”. “Si” . e basta o “No”. C’è ogni nostra presenza in una gigantesca condivisione umanitaria, c’è amore

C’è quel cinema che scriviamo ogni giorno